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Data: 04/02/2015
Testata giornalistica: Il Centro
«Da arbitro vorrei giocatori corretti». Mattarella alle Camere riunite: «Corruzione divora risorse». Richiamo alla Resistenza. «Crisi ha aumentato le ingiustizie»

ROMA Un arbitro imparziale, che chiede l’aiuto e la correttezza dei giocatori per gestire al meglio la partita. È questo il senso del discorso di insediamento del nuovo capo dello Stato, Sergio Matarella, che ieri ha giurato fedeltà alla Repubblica davanti alle Camere riunite. Un discorso che dura poco più di mezz’ora, poco politico e poco programmatico ma rivolto molto al sociale, ai cittadini e alle loro difficoltà. Il settennato, insomma, sarà all’insegna della ricostruzione sociale del paese. E la politica dovrà fare la sua parte. «Condizione primaria per riaccostare gli italiani alle istituzioni è intendere la politica come servizio al bene comune» dice il capo dello Stato per il quale non c’è tempo da perdere: «È necessario ricollegare alle istituzioni quei tanti nostri concittadini che le avvertono lontane ed estranee. La democrazia non è una conquista definitiva ma va inverata continuamente». Mattarella rende omaggio alla Resistenza e ricorda il valore dell’antifascismo. Si commuove quando ricorda «gli eroi» Falcone e Borsellino, vittime della mafia «cancro pervasivo», poi cita Stefano Taché, il bimbo di due anni rimasto ucciso nell’attacco terroristico alla Sinagoga di Roma nell’ottobre 1982, e promette il «massimo impegno» per i due marò, Salvatore Girone e Massimiliano Latorre. Il presidente della Repubblica pronuncia il suo discorso con un tono di voce pacatissimo (si impiccia con i fogli e poi riprendee il filo) ed è interrotto per 42 volte dagli applausi. La prima standing ovation arriva quando spiega come intendere svolgere il suo ruolo di arbitro. «All’arbitro compete la puntuale applicazione delle regole. L’arbitro deve essere, e sarà, imparziale . I giocatori lo aiutino con la loro correttezza». Parole che suonano come garanzia e stimolo per le forze politiche. Ma anche come un monito perché se i giocatori sono scorretti, l’arbitro ha gli strumenti per intervenire. Solo così potranno essere portate a termine le riforme. E solo così sarà possibile quella «riconnessione dei cittadini alla politica che porterà il paese fuori dalla crisi». Mattarella auspica che il processo riformatore sia portato a compimento «con l’obiettivo di rendere più adeguata la nostra democrazia» ma non entra nel merito delle singole soluzioni «che competono al Parlamento». Tra le priorità c’è «l’approvazione di una nuova legge elettorale». Ma sono soprattutto i problemi economici che attanagliano le famiglie e la disoccupazione a preoccupare non poco il presidente della Repubblica, che auspica un perido di crescita e spiega che la crisi ha aumentato le ingiustizie: «Dobbiamo saper scongiurare il rischio che la crisi economica intacchi il rispetto di principi e valori su cui si fonda il patto sociale sancito dalla Costituzione». Mattarella inizia il suo discorso invocando un paese unito, che sappia rispondere alle attese del suo popolo: «L’impegno di tutti deve essere rivolto a superare le difficoltà degli italiani e a realizzare le loro speranze». Un’Italia unita e «solidale» è ciò che il Presidente auspica. Lo fa ribadendo la centralità del Parlamento e ricordando che garantire la Costituzione significa: garantire il diritto allo studio e al lavoro, ripudiare la guerra e promuovere la pace, garantire i diritti dei malati e il pluralismo dell’informazione ma anche ricordare la Resistenza e il sacrificio di tanti che 70 anni fa liberarono l’Italia dal nazifascismo». Quanto al governo, Mattarella bolla l’eccesso di ricorso alla decretazione d’urgenza. Motivo di sollievo è invece la presenza delle donne e di molti giovani in Parlamento. Giovani ai quali il capo dello Stato chiede di dare «un contributo positivo al nostro essere davvero comunità nazionale, non dimenticando mai l’essenza del mandato parlamentare». Le parole di Papa Bergoglio contro la corruzione «che divora risorse che potrebbero essere destinate ai cittadini» sono l’unica citazione che il capo dello Stato inserisce nel suo discorso. Un discorso che finisce con i volti di un paese che lotta e che spera.

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