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Data: 05/02/2015
Testata giornalistica: Il Messaggero
Intervista al Ministro Giuliano Poletti - «Garanzia giovani riparte con il cumulo dei bonus». Pronti due decreti: chi assume dalle liste degli under 29 potrà usufruire anche della decontribuzione prevista dalla legge di Stabilità. Validi gli apprendistati

ROMA Neanche la deflazione riesce a scalfire l’ottimismo del ministro del Welfare sul fatto che il 2015 sarà l’anno della riscossa occupazionale. Tra entrata in vigore dei primi decreti del Jobs act, incentivi alle assunzioni e ritocchi al programma Garanzia giovani, «nel secondo trimestre ci saranno significativi effetti sul mercato del lavoro» dice convinto Giuliano Poletti.
Parliamo di Garanzia giovani, è fresca la notizia che l’Ue potenzierà il prefinanziamento dell’iniziativa. In Italia però il progetto, partito il primo maggio scorso, si sta dimostrando un flop: tante adesioni al portale nazionale e a quelli regionali, ma pochissime opportunità. Con due decreti, attualmente all’esame della Corte dei conti, lei ha annunciato un cambio di passo. Quali le principali novità?
«Tanto per precisare: io non parlerei di flop o sconfitta. Il nostro programma è stato il secondo, dopo quello della Francia, approvato dalla Ue. Puntavamo a 560.000 iscritti entro fine 2015 e siamo già a 400.000 con una crescita stabile di 7-8.000 al mese».
Il problema non sono gli iscritti, ma il matching tra domande e offerte, che non funziona.
«I due decreti infatti servono a correggere e rimuovere gli ostacoli che abbiamo riscontrato. La novità più importante riguarda la possibilità, finora non consentita, di cumulare il bonus di Garanzia giovani - tra i 1.500 e i 6.000 euro annui - con quello fino a 8.000 euro sui contributi per i nuovi assunti a tempo indeterminato previsto dalla legge di Stabilità. Abbiamo poi inserito tra le tipologie anche l’apprendistato professionalizzante, che era rimasto fuori. E poi pensiamo di coinvolgere i vari social network che si occupano di matching tra domanda e offerta di lavoro. Inoltre in questi ultimi mesi abbiamo messo a disposizione delle regioni in difficoltà nell’operatività del programma, una task force di esperti del ministero e di Italia lavoro. E ora le cose sembrano sulla giusta direzione. Stanno partendo i vari bandi regionali. Ne cito solo uno: avremo 50.000 giovani che potranno partire nel 2015 per il servizio civile».
Ministro, al massimo tra una settimana - il termine scade il 12 febbraio - arriveranno i pareri delle commissioni Lavoro di Camera e Senato sui primi 2 decreti attuativi del Jobs act. Pur trattandosi di pareri non vincolanti, se ci dovessero essere delle osservazioni così come annunciato dai relatori, quanti possibilità ci sono che il governo apra a delle modifiche?
«I decreti sono il risultato di un equilibrio tecnico-politico che il consiglio dei ministri ha valutato essere coerente con i bisogni del Paese e con la delega. Aspettiamo che i pareri arrivino. Oggi io ancora non li ho e quindi non posso dare risposte nel merito. Quando arriveranno, le eventuali osservazioni saranno valutate attentamente e se ci convincono le accoglieremo, nel caso contrario come prevede la legge motiveremo il perché».
Questo vale anche per gli eccessi di delega? Secondo i sindacati e alcuni autorevoli rappresentati del Pd, è il caso delle nuove norme sui licenziamenti collettivi.
«Ovviamente il governo pensa che i decreti siano coerenti con l’impianto e la logica della delega. Cosa diversa, e legittima, è la valutazione sul punto, cioè essere convinti o meno della sua utilità. Comunque ribadisco: aspettiamo i pareri e poi vediamo».
Ce la farete, comunque, a vararli definitivamente al Consiglio dei ministri del 20 febbraio?
«Si e in quell’occasione vareremo anche almeno un altro decreto delegato. Sicuramente quello relativo al “codice dei contratti”».
Cosa cambierà? C’è chi, come il senatore Maurizio Sacconi, teme un irrigidimento della flessibilità in entrata.
«Faremo un’operazione di ridisegno per semplificare il panorama delle tipologie contrattuali, quindi alcune non ci saranno più, altre saranno riorganizzate. Il perno centrale sarà il contratto a tutele crescenti a tempo indeterminato, resterà il tempo determinato e così il part-time e altre tipologie. Cambieremo quelle tipologie che si prestano più facilmente a essere usate per il lavoro precario. Questo non vuol dire non avere elementi di flessibilità. La preoccupazione del senatore Sacconi la teniamo in considerazione».
Non ci può dire quali tipologie saranno sicuramente abolite?
«Stiamo ancora lavorando. Dobbiamo essere molto attenti a non far rifluire nel lavoro nero situazioni ora emerse».
Il premier ha più volte annunciato l’addio ai co.co.co. Dalla sua cautela, però, si deduce che per il momento non se ne parla.
«È una conclusione non corretta. Noi non decidiamo “questo lo togliamo o lo lasciamo in via di principio”, faremo un lavoro molto puntuale di analisi. L’obiettivo, ripeto, è ridurre la precarietà senza però spingere nessuno verso il lavoro nero né irrigidire le forme di entrata nel mercato del lavoro, per cui ad ogni tipologia ci faremo la domanda: chi la usa lo fa correttamente? Se la togliamo con cosa possiamo sostituirla? È un approccio pragmatico».
Qualche giorno fa lei ha presentato l’iniziativa “diamociuna mano”, rivolta a chi, usufruendo di un sussidio di disoccupazione, si impegna volontariamente in lavori utili alla comunità. La delega non prevedeva l’obbligatorietà di questo tipo di impegno?
«Noi dobbiamo evitare come la peste che una persona si trovi nella condizione di essere inutile a sé e agli altri. Si inquadra in questo contesto l’iniziativa “diamociunamano”: abbiamo 5 milioni di giornate assicurate con l’Inail per i questi volontari che potranno impegnarsi, con le associazioni del terzo settore, per progetti utili dei Comuni. Nei decreti di attuazione del Jobs act in arrivo, gli impegni chiesti a chi ottiene un sussidio perché ha perso il lavoro sono legati ad azioni che puntano a favorirne il reimpiego».
L’Istat ha certificato che a gennaio l’Italia è tornata in deflazione. Teme rallentamenti nella ripresa e quindi nell’impatto occupazionale?
«L’Istat ha anche certificato un aumento dell’occupazione a dicembre di centomila unità e questo mi sembra molto importante. Così come sono importanti i recenti annunci di nuove assunzione da parte di grande aziende, come Fiat, Unicredit e Telecom ad esempio. La deflazione per ora è in larga parte causata dal calo dei prezzi dei carburanti, mentre il carrello della spesa è in leggero aumento. Io credo che il secondo trimestre 2015 ci porterà significative buone sorprese».
Una primavera dell’occupazione?
«Si, anche se i cicli storici ci insegnano che l’impatto occupazionale arriva sempre con circa sei mesi di ritardo sulla ripresa. Ma io credo che possiamo sperare in una accelerazione. I segnali ci sono tutti».

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