I fatti sono questi: il Comune di Pescara si trova in una situazione di pre-dissesto, quasi come la vituperata Grecia, e il ministero dell'Economia manda un ispettore per esaminare i conti in vista di un percorso di risanamento. Ma il controllore venuto da Roma si trova davanti a una sorpresa: ohibò, deve aver detto tra sé e sé, questo municipio non starebbe affatto male se solo incassasse una buona parte dei tanti crediti che vanta nei confronti di mezzo mondo. A quel punto si scopre anche che la Procura della Repubblica sta indagando su alcuni di questi crediti. E tra questi ci sono anche delle vecchie multe non pagate da parte di alcuni uomini politici e di altri notabili locali. Non si tratta di somme enormi, intendiamoci, al massimo una decina di migliaia di euro a testa. Ma, vista la delicatezza del tema e i tempi che corrono, sufficienti per far sorgere il dubbio che nei confronti di qualcuno non si sia usata l'energia che di solito gli enti pubblici mettono in campo quando si tratta di inseguire i morosi. Il primo nome a spuntare è stato quello di Lorenzo Sospiri, che non ha avuto difficoltà a produrre le carte che attestano l'esistenza di un piano di rientro concordato con l'amministrazione, lamentando una sorta di nostro atteggiamento persecutorio nei suoi confronti. L'occasione è quindi utile per ribadire due cose che ci stanno a cuore: >1) noi siamo convinti che chi ha responsabilità politiche, di qualsiasi tipo, debba dare il buon esempio: lo abbiamo scritto per il governatore Luciano D'Alfonso, sempre parlando di multe, lo ribadiamo ora per chiunque altro. E non si pensi che le contravvenzioni siano bagatelle: vanno pagate, tempestivamente, per non far crescere il sospetto che ci sia chi, avendo le conoscenze giuste, se ne possa infischiare del Codice della Strada e di tutto il resto. 2) questa storia dei crediti non riscossi, che riguarda molti altri municipi, nasconde una grossa ingiustizia e necessita di un'energica operazione di trasparenza: i buchi causati dai mancati incassi spesso sono stati tamponati aumentando le tasse su attività commerciali che hanno finito per chiudere, oltre a creare rabbia e frustrazione in chi invece ha sempre pagato. Sappiamo che ci sono casi di indigenza, su cui incattivirsi è inutile oltre che sbagliato. Ma sappiamo anche che ci sono furbi che sono convinti di farla franca sempre e comunque. E che spesso, purtroppo, finiscono per avere ragione. Noi, a costo di apparire patetici e moralisti, zitti non staremo. Perché la ricostruzione di questo Paese passa per le piccole cose, a cominciare dal principio che chi sbaglia paga. Senza se e senza ma.