ROMA Scatto finale per i pareri delle commissioni parlamentari sui primi due decreti delegati del Jobs act: quello che introduce il contratto a tutele crescenti e quello sugli ammortizzatori sociali per i disoccupati. Al Senato la commissione Bilancio e quella Affari Costituzionali hanno già dato il loro ok (parere non ostativo) su entrambi i provvedimenti. La Lavoro, presieduta da Maurizio Sacconi, si avvia a concludere forse già oggi l’esame sul contratto a tutele crescenti e così l’omonima commissione alla Camera presieduta da Cesare Damiano. A sorpresa, però, potrebbero arrivare fuori termine (scade giovedì 12) i pareri sugli ammortizzatori sociali. Due i motivi: manca ancora il necessario via libera della Conferenza Stato Regioni che si riunirà proprio giovedì mattina; c’è un problema di copertura finanziaria. Ed è quest’ultimo il nodo più complicato da sciogliere.
A metterlo in evidenza sono entrambe le commissioni Bilancio di Camera e Senato (quest’ultima ha comunque già dato parere “non ostativo”). Il dubbio è semplice: cosa succederà se la platea di coloro che perderanno il lavoro dovesse risultare più ampia di quanto previsto dal governo? I sussidi Naspi e Dis-coll (per i precari) - sottolinea Dario Parrini, relatore del decreto alla Bilancio della Camera - derivano «dal riconoscimento di diritti soggettivi non comprimibili all’interno di un tetto di spesa e quindi richiederebbero l’inserimento di una clausola di salvaguardia», così da poter utilizzare maggiori risorse se necessarie. Ma la clausola non c’è. «Se non verrà prevista - punta il dito Giulio Marcon (Sel) - gli ammortizzatori sociali saranno discrezionali e non per tutti». A questo punto la parola passa alla Ragioneria generale del Tesoro.
Oggi, invece, potrebbero arrivare i pareri sul decreto che introduce il contratto a tutele crescenti e che cambia la disciplina sul recesso. Il sì di entrambi i rami del Parlamento è scontato. Con alcune osservazioni, però. Accoglierle o meno (si tratta di pareri non vincolanti) sarà una scelta politica del governo al quale, ora che il patto sulle riforme con Forza Italia si è rotto, potrebbe convenire tenere buona la sinistra Pd. In questo scenario sarebbero in bilico le novità sui licenziamenti collettivi per i nuovi assunti.