Il segretario confederale della Cgil, Franco Martini: "Se non rinnoviamo e innoviamo la normativa, il sistema dei diritti e delle tutele finirà risucchiato in un vortice. Servono lotta al massimo ribasso e riduzione del numero delle stazioni appaltanti"
“L'economia che fa riferimento al sistema degli appalti è una parte consistente del mercato del lavoro. Se non rinnoviamo e innoviamo la normativa sugli appalti, anche al cospetto della migliore riforma del mercato del Lavoro, e con il Jobs Act non è questo il caso, il sistema di diritti e tutele finirà risucchiato in un vortice”. E' quanto affermato dal segretario confederale della Cgil, Franco Martini, oggi al seminario unitario 'Appalti e Concessioni: lavoro, legalità e trasparenza. Direttive europee e disegno di legge delega di recepimento'.
Per il dirigente sindacale le linee di indirizzo, come emerge dalle proposte presentate oggi dai sindacati in relazione al disegno di legge di recepimento della direttiva comunitaria sugli appalti, sono: “Lotta al massimo ribasso, riduzione del numero delle stazioni appaltanti, ripristino della clausola sociale, applicazione di un contratto di riferimento, quello prevalente nel sito. Punti che sono anche al centro della campagna che come Cgil abbiamo lanciato per una proposta di legge di iniziativa popolare sul tema appalti e che mira, tra le altre cose, al ripristino della norma sulla responsabilità solidale”.
La Cgil, quindi, sia sul versante unitario, che come autonomia iniziativa, ritiene la questione appalti “un aspetto centrale della mobilitazione sindacale - ha spiegato Martini -, un tema molto importante, soprattutto in questa fase di discussione sul Jobs Act e la nuova riforma del mercato del lavoro. È chiaro, infatti, che se non interveniamo sulle attuali normative che regolano gli appalti, rischiamo di allargare ulteriormente l'area del precariato del nostro paese”. Il segretario confederale della Cgil a riguardo ha fatto un esempio: “Nel settore specifico degli appalti la tipologia prevista dal Jobs Act del contratto a tutele crescenti rischia di fare, ad ogni cambio di appalto, sempre nuovi assunti, azzerando così le carriere professionali delle donne e degli uomini che lavorano in questo settore e indebolendo fortemente quello che è il livello delle tutele al loro interno”.
Il settore, secondo Martini, ha bisogno di interventi: “Gli appalti sono un cancro dell'economia. Si stima che l'area dell'illegalità sia pari a 70 miliardi di euro. Una cifra collegata con il contesto attuale e che ci dimostra come, visto che spesso il governo sostiene che non ci siano risorse per rendere, ad esempio, agli ammortizzatori sociali davvero universali, se avessimo una normativa sugli appalti, ispirata a maggiore trasparenza, regolarità e controlli, una parte di questa economia illegale potrebbe essere investita in maggiori tuteli”, ha concluso Martini.