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Data: 12/02/2015
Testata giornalistica: Il Messaggero
Jobs act - Licenziamenti collettivi, la maggioranza si divide

ROMA La maggioranza si spacca sulle nuove norme che regolano i licenziamenti collettivi. Ieri è arrivato l’atteso parere della commissione Lavoro del Senato al decreto di attuazione del Jobs act che introduce il contratto a tutele crescenti per i nuovi assunti e una maggiore flessibilità in uscita. Il parere è positivo, ma non mancano osservazioni e suggerimenti, come quello - sponsorizzato dal relatore del provvedimento, il senatore Maurizio Sacconi - di far valere le nuove norme anche per il lavoro pubblico. Il passaggio più importante, però, è contenuto in una integrazione proposta dal Pd sui licenziamenti collettivi e attraverso la quale si chiede al governo di «valutare l’opportunità di rivedere il regime sanzionatorio prevedendo la reintegrazione in caso di violazione dei criteri previsti dai contratti collettivi»: per far passare l’integrazione il Pd ha dovuto ricorrere al soccorso di Sel e Movimento 5 stelle; l’alleato di governo Ncd ha invece votato no.
Anche il parere atteso per oggi della commissione Lavoro della Camera, presieduta da Cesare Damiano, dovrebbe contenere la richiesta di escludere i licenziamenti collettivi dal decreto. Se così fosse, nonostante i pareri non siano vincolanti, per il governo non sarebbe facilissimo motivare un rifiuto.
Ma non è solo il Jobs act a innovare le regole del mercato del lavoro. Spesso le parti riescono ad essere più avanti. È il caso del contratto integrativo firmato l’altra notte presso l’Unione industriali di Torino tra Skf, gruppo svedese che nel nostro Paese ha nove stabilimenti che producono cuscinetti a sfera per auto e per tutto il settore industriale, e tutti i sindacati. L’intesa prevede che anche il lavoratore che mette su famiglia senza però sposarsi nè in Chiesa né civilmente, ovvero instauri un rapporto di fatto, posa usufruire della settimana di ferie “matrimoniale” prevsita per gli altri lavoratori. Basterà presentare lo stato di famiglia.
L'intesa riguarda circa 3 mila dipendenti: 2 mila in provincia di Torino, gli altri a Bari, Cassino e Massa Carrara.

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