L’ultimo bollettino dell’Istat fissa il Pil pro capite 2013 a 23 mila euro l’anno. A un passo dalle regioni del Centro. Ma la realtà economica è più dura: lo dicono i consumi e l’occupazione
PESCARA L’Istat cambia il sistema su cui basa il calcolo del Prodotto interno lordo, ma l’Abruzzo resta sempre in bilico tra Sud e Nord Italia nell’ultimo bollettiono statistico diffuso dall’istituto e riferito agli anni 2011-2013. La nostra regione è dunque (come quasi sempre) la migliore del mezzogiorno, la peggiore del settentrione. Ma si avvicina molto alle regioni del centro. Il Pil per abitante nel 2013 risulta, infatti, pari a 33,5 mila euro nel nord ovest, a 31,4 mila euro nel nord est e a 29,4 mila euro nel centro. Il mezzogiorno precipita a 17,2 mila. L’Abruzzo registra un Pil procapite di 23 mila euro, dunque sotto la media nazionale di 26,7 mila e sotto, ma non tanto, a regioni limitrofe come Umbria (24,4 mila) e Marche (24.9 mila). Se fosse così, sarebbe quasi duemila euro al mese. Magari, diremmo. Ma è solo un dato statistico. La situazione per molti pensionati e i salariati non sta in questi termini. E lo dimostra la stagnazione dei consumi, come spiega di lato il direttore Conad Antonio Di Ferdinando. Comunque, rispetto al 2011, fa notare l'Istat, si è registrata una riduzione in tutte le regioni italiane, con l'eccezione di Bolzano e della Campania. In particolare, a livello regionale o di provincia autonoma, risulta in testa Bolzano con un Pil per abitante di 39,8 mila euro, seguito da Valle d'Aosta e Lombardia (rispettivamente con 36,8 e 36,3 mila euro). All'ultimo posto della graduatoria si trova la Calabria con 15,5 mila euro, un valore del 61% più basso rispetto a Bolzano e del 57% sulla Lombardia. Per quanto riguarda i consumi delle famiglie, la spesa in Abruzzo per abitante è stata nel 2013 di 14,5 mila l’anno, contro una media italiana di 16,3 mila. La regione con maggiori consumi pro capite è risultata la Valle d’Aosta (22mila), quella con i consumi più bassi la Campania (11,6 mila). I dati, dicono alcuni analisti, andrebbero depurati dai consumi in nero (certamente più alti in Campania che in Valle d’Aosta) e al costo della vita che tende ad avvicinare le distanze tra regioni più ricche e più potere. Ma la posizione mediana dell’Abruzzo garantisce in questo caso una certa rispondenza tra valori sul campo e sulla carta. Interessanti i dati sull’occupazione, che scendono in tutte le regioni. In Abruzzo però va sottolineato il contributo positivo del settore agricolo alla variazione dell’occupazione regionale (0,7 punti percentuali nel confronto del 2013 con il 2011). Contributo che invece è nullo per Lazio e Lombardia, mentre è negativo in tutte le altre regioni. Una tenuta e un incremento che si rispecchiano in Abruzzo nella crescita del fatturato agricolo e dell’export. Non è lo stesso per l’occupazione nell’industria in cui apporto in Abruzzo è stato negativo (sotto all’1%). L’Abruzzo dunque galleggia in una situazione che il Codacons definisce «una pericolosa crescita delle disparità tra nord e sud Italia». Non c’è da meravigliarsi, dice l’associazione dei consumatori, «se si pensa che quasi la metà dei cittadini che versano in condizioni di povertà assoluta risiede nel Mezzogiorno». Ma c’è un aspetto sollevato dal presidente di Federdistribuzione Giovanni Cobolli Gigli: «Questo quadro complessivo produce anche situazioni di concorrenza sleale tra imprese, scoraggiando investimenti e allontanando dal territorio aziende soffocate dalle situazioni di contesto; correggere le attuali distorsioni e avviare una decisa politica di sostegno dello sviluppo delle regioni meridionali è una chiave fondamentale per la crescita di tutto il Paese». Sarà anche per questo che Renzi sta pensando a un ministero per il Mezzogiorno? E questo dicastero avrà competenze anche per l’Abruzzo? La risposta non è certa. Perché se l’Istat ci classifica tra le regioni del Sud, l’Europa ci mette tra quelle in transizione. E il fiorentino Renzi?