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Pescara, 24/11/2024
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Data: 15/02/2015
Testata giornalistica: Il Messaggero
Jobs act - Contratti, si cambia meno precariato stop lavoro a chiamata. Venerdì il governo varerà il decreto di riordino delle varie tipologie di assunzione. Il rebus del destino dei co.co.pro

ROMA Cancellazione del contratto a chiamata, così come delle associazioni in partecipazione e del job sharing; riduzione di un anno della durata dei contratti a termine; taglio drastico alle collaborazioni con l’introduzione di una serie di “filtri” per smascherare quelle finte. Come ha confermato ieri con un tweet il premier Matteo Renzi, venerdì il consiglio dei ministri andrà avanti sui decreti attuativi del Jobs act varando quello relativo al riordino delle tipologie contrattuali e quello che estende l’indennità di maternità alle lavoratrici precarie: «Prossimo Consiglio dei Ministri (venerdì). Decreti legislativi su partite IVA, fatturazione elettronica, cococo, maternità» scrive Renzi. Mercoledì prossimo, 18 febbraio, le parti sociali sono state convocate dal ministro del Welfare Giuliano Poletti per un ultimo giro di tavolo.
Il lavoro dei tecnici è abbastanza avanti anche sul decreto che riforma la cassa integrazione, ma resta da sciogliere il nodo risorse, per cui è altamente probabile che non entrerà in consiglio dei ministri alla prossima riunione.
IL RIORDINO

Per spingere sul nuovo contratto a tutele crescenti a tempo indeterminato (la riunione di venerdì 20 varerà anche definitivamente i due decreti inviati a gennaio alle Camere per i necessari pareri consultivi), il governo pensa di ridurre la durata massima del contratto a termine: da tre anni si scenderà a due, e il numero di proroghe consentite diminuirà dalle attuali cinque a tre. La soluzione non piace agli imprenditori che stanno facendo pressing affinché le regole sui contratti a termine (modificate da questo stesso governo lo scorso anno) non siano toccate. La loro tesi è sostanzialmente la seguente: il contratto a termine liberalizzato costa il 36% in più di quello a tempo indeterminato, e quindi vi si ricorre solo se c’è effettiva necessità. Ma fino ad ora non sembra abbia fatto breccia più di tanto sul governo. L’intervento sulla durata dovrebbe anche essere funzionale a una diversificazione nell’utilizzo del contratto a termine rispetto a quello in somministrazione (ex interinale) dato che, da quando sono state eliminate le causali, i due strumenti di fatto si sovrappongono.
Con il riordino in arrivo, saranno aboliti i contratti a chiamata, quello - d’altronde non molto utilizzato - a lavoro ripartito (job sharing), le forme di associazione in partecipazione. A coprire le esigenze alla base di questi contratti si potrà ricorrere ai voucherm, per i quali si propsetta un aumento del tetto massimo ai compensi. Sarà valorizzato il par-time.
LE COLLABORAZIONI

In più occasioni il premier ha annunciato l’addio ai co.co.pro a partire dal prossimo anno. E questa resta una delle ipotesi in campo. Ma sul tavolo ci sono anche soluzioni meno radicali. Una riguarda l’introduzione del “contratto economicamente dipendente” per le mono-committenze: una via di mezzo tra la collaborazione e la dipendenza, che lasci in capo al datore di lavoro alcune tutele. Il lavoro dei tecnici si sta concentrando anche sull’introduzione di una serie di filtri-parametri (sulla falsariga già tracciata dalla riforma Fornero) di controllo che possano smascherare le finte collaborazioni e gli abusi. Su questa linea si sta pensando anche di affidare alla contrattazione collettiva l’individuazione di ulteriori parametri specifici di settore. In tutti i casi presi in considerazione l’obiettivo resta quello di fare in modo che le collaborazioni o rientrino nell’alveo del contratto a tutele crescenti oppure in quello delle partite Iva (quindi autonomo). Il tutto cercando di schivare un rischio enorme: che i maggiori vincoli possano spingere una quota delle collaborazioni verso il pozzo del lavoro nero.

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