ORTONA I privati potrebbero partecipare con capitali propri all’ampliamento delle banchine del molo nord del porto di Ortona. Per il presidente della Regione Luciano D’Alfonso l’ingresso di capitale privato nella partita portuale costituisce l’unico modo per mettere insieme le risorse necessarie a realizzare la vasca di colmata dove raccogliere le sabbie del dragaggio del porto e proseguire con il successivo banchinamento. Se ne discuterà il 3 marzo in una riunione con le ditte che oggi sono titolari di concessione, prime fra tutte Eni, Micoperi, Wts. Uno scambio di idee in attesa di mettere a punto lo strumento amministrativo, che dovrebbe concretizzarsi in una procedura di evidenza pubblica per la selezione delle ditte. La contropartita ai soldi? La durata della concessione. «I privati hanno tutto l’interesse ad avere le banchine», spiega il sottosegretario alla presidenza della giunta Camillo D’Alessandro. Oggi la Regione ha solo le risorse per il dragaggio, circa 9 milioni di euro. Non le ha per le vasche di colmata e non le ha neanche per il trasporto in discarica delle sabbie di categoria B (80 euro a metro cubo), quelle che non possono essere usate per il ripascimento delle spiagge. E, se vogliamo non le ha neanche per il ripascimento della spiaggia del vicino Lido Saraceni (costerebbe 8 euro a metro cubo per un totale di 800mila euro). «Il punto è che i nove milioni li vogliamo salvaguardare tutti per il dragaggio», dice D’Alessandro «perché se facciamo prima la vasca di colmata e poi il dragaggio il risultato è che non draghiamo». Ecco allora la funzione dei privati. Ed ecco perché a Ortona non arriverà neanche un grammo delle sabbie di Pescara, continua D’Alessandro, riferendosi alle voci e alle polemiche delle ultime settimane, perché «non ci siamo con i tempi: Pescara ha bisogno urgente di scavare, Ortona non ha le vasche pronte», e non ha i soldi: 5-6 milioni di euro circa. Soldi che vanno comunque trovati. «Per la realizzazione delle vasche non dobbiamo neanche aspettare le lungaggini del nuovo piano regolatore portuale (approvato dal Comune, oggi in Capitaneria in attesa di andare in Regione, ndr.) perché il vecchio piano già prevede le vasche di colmata, basta fare delle osservazioni al nuovo piano». Con il combinato disposto di dragaggio (a 9-10-11 metri «il metraggio della svolta», lo chiama il sottosegretario), di vasca e banchinamento («ettari e ettari di banchine», ancora D’Alessandro) lo scalo ortonese potrà triplicare almeno la movimentazione di merci e diventare un punto di riferimento per il medio Adriatico sulla direttrice est-ovest (va per esempio in questa direzione, la richiesta di D’Alfonso all’Unione europea di inserire i porti di Ortona e Vasto nei corridoi Ten-T da cui oggi sono esclusi). Nei giorni scorsi a Ortona è arrivato il presidente di Assoporti, l’associazione delle Autorità portuali italiane, Pasqualino Monti (che è anche presidente dei Porti di Roma: Civitavecchia, Fiumicino e Gaeta) su invito dei due consulenti del comune di Ortona per la portualità, Antonio Nervegna e Euclide Di Pretoro, autori dello studio “Il porto d’Abruzzo in 1000 giorni, Ortona porto di Roma sull’Adriatico”. «Monti non conosceva lo scalo abruzzese», dice l’ingegner Nervegna, «e ha potuto constatare con una certa sorpresa come Ortona e Civitavecchia siano complementari, ipotizzando al termine della visita che il nostro potrebbe diventare, una volta dragato, uno dei porti di Roma sull’Adriatico». Insomma, «il porto c’è», ma bisogna muoversi in fretta. Lo hanno capito le imprese. Per esempio la Amadori sempre più interessata a utilizzare lo scalo ortonese. O la Wts (Walter Tosto Serbatoi) che ha appena visto approvato in Regione il suo deposito di Gpl da 25 mila metri cubi. Un hub del gas per l’Adriatico che comporta un investimento di circa 60 milioni di euro e 120 nuovi posti di lavoro. «La logistica globale del Gpl si è ben strutturata», ha dichiarato al Centro Luca Tosto, ad di Wts, «occorreva cogliere l'occasione per costituire in Abruzzo una struttura di distribuzione con previsioni di incidenza su scala non soltanto regionale ma italiana». Il deposito sarà realizzato alla diramazione tra molo nord e diga foranea. Infine annuncerà nuovi investimenti la Micoperi nel corso di una iniziativa in programma il mese prossimo al teatro Tosti di Ortona. Sevel ha come riferimento il porto di Salerno, ma utilizza anche Vasto e ha già effettuato un carico sperimentale a Ortona. Infine il porto può contare su un retroterra interessante costituito dall’area industriale a due chilometri di distanza (è in costruzione una bretella di collegamento) e dal vicino casello autostradale. Di tutto questo si parlerà domani alle ore 18 alla Sala Eden di Ortona con D’Alfonso e D’Alessandro.
Tiberio: usare lA sabbiA scavatA per la vasca di colmata
Il comitato porto: «Fare presto con il dragaggio»
ORTONA Il Comitato porto di Ortona ha chiuso lunedì i lavori sul nuovo Piano regolatore portuale con un documento di quattro pagine votato all'unanimità. L'imperativo è fare presto col dragaggio per cantierare l'ampliamento degli spazi con un nuovo terminal petrolifero che si estenderà con una grande colmata fino a 600mila metri cubi di riporto all'esterno del vecchio porto tra il molo guardiano nord e il nuovo molo nord, con una profondità di circa 400 metri. La preferenza del Comitato va alle sabbie di tipo A, le più pulite, che escluderebbero la necessità di casse di colmata sigillate e impermeabilizzate con i relativi alti costi. Un'ipotesi che sembra tagliata su misura del finanziamento regionale di 9 milioni di euro, che coprirebbe insieme dragaggio e allestimento di vasche di contenimento non sigillate. «Si evince chiaramente che nella ipotesi migliore di sabbie di tipo A», si legge nel documento finale del Comitato presieduto da Ennio Tiberio, «avremmo una quantità di materiale ottimale oltre che per il ripascimento anche per il riempimento. Questa ipotesi è la più vantaggiosa economicamente nella considerazione che il costo al metro cubo sarebbe più o meno identico tra ripascimento e riempimento della vasca di colmata/banchina, trovandosi così già pronta per il banchinamento di ampi spazi portuali». Vasche alla portata del budget per il dragaggio sarebbero anche quelle destinate a accogliere le sabbie relativamente pulite del tipo B1, ma a patto che siano in grado di trattenere le microparticelle potenzialmente inquinanti. Il documento finale del Comitato recita infatti che «senza la vasca di colmata/banchina rischiamo di non poter sostenere economicamente l'operazione dragaggio nella sua interezza nel caso di presenza, anche parziale, di sabbie di tipo B». Discorso diverso per le sabbie B2 e C, le categorie di appartenenza di gran parte del materiale che sarà scavato nel porto di Pescara. «Abbiamo messo un paletto fondante per il futuro dello scalo», argomenta Franco Musa, consigliere comunale tra i quattro che siedono nel Comitato, «che è l'elevazione dei materiali di dragaggio a elemento imprescindibile per l'ampliamento del porto e quindi l'incremento delle attività dell'occupazione e della posizione della nostra infrastruttura marittima nella portualità italiana che conta». La discussione è stata basata sulle carte del Piano, contenenti le indicazioni sull'aumento dei fondali punto per punto. E spicca la rinuncia al dragaggio della parte sud e dei moli di riva dello specchio d'acqua, con fondali che non supereranno i 6 metri.