Molti meno ai comuni del cratere che hanno criticato la ripartizione
L’AQUILA Il Cipe (comitato interministeriale programmazione economica) sta decidendo di dare il via libera (trasformando cioè le promesse in fatti concreti) a un miliardo e cento milioni circa per la ricostruzione privata all’Aquila e negli altri comuni del cratere e di fuori cratere. La ripartizione dovrebbe essere: circa 800 milioni per L’Aquila, 190 per i comuni del cratere e 110 per quelli fuori cratere. Cifre che sono state criticate dai sindaci dei cosiddetti comuni minori. Infatti in base a percentuali stabilite tempo fa in sede ministeriale, all’Aquila spetta una quota del 63 per cento dei fondi man mano stanziati e il 37 per cento alle altre amministrazioni. E i conti evidentemente non tornano. Il miliardo e 100 milioni che dovrebbero essere sbloccati dal Cipe sono parte di quei sei miliardi e poco più annunciati dal Pd nella conferenza stampa di un paio di mesi fa. In realtà però si tratta di finanziamenti pregressi e che attendevano di essere assegnati. I restanti 5 miliardi avranno invece un cammino molto più tortuoso e dovrebbero essere stanziati parte entro il 2018 e parte oltre tale data. Comunque sia la prossima decisione del Cipe sarà una notizia importante per tutti coloro che attendono di poter avviare i cantieri avendo conclusa tutta la parte preliminare e visti approvati i progetti. Gran parte dei soldi in arrivo andranno all’asse centrale del capoluogo e qualche rimasuglio toccherà anche alle frazioni tanto per tacitare chi nelle ultime settimane si è un po’ agitato minacciando anche la costituzione di comitati di cui per adesso, però, non si ha contezza. Per quanto riguarda la cosiddetta nuova legge per la ricostruzione la verità è che a Roma, dopo che Legnini è passato al Csm , se ne sono perse le tracce. Il testo resta quello diffuso in bozza anche dal nostro giornale qualche mese fa ma quando, come e se riprenderà l’iter è un mistero. Ieri sulla “presunta” nuova legge è intervenuto con una dura nota Massimiliano Mari Fiamma di Apindustria (associazione piccole e medie imprese) che scrive: «Più volte abbiamo criticato il metodo “aquilano” di cambiare le regole in corso d’opera e l’ennesima dimostrazione di questa “debolezza politica” è una legge per la ricostruzione che prenderà la luce a 6 anni dal sisma. Sarebbe anche la benvenuta se andasse ad inserirsi nel contesto normativo e di prassi consolidata che, finora, ha fatto sì che si procedesse a ritmi tutto sommato accettabili, almeno per la periferia cittadina, il problema è che, al contrario, questa legge provocherà solo danni e ritardi abissali che, forse, non dispiacciono troppo a qualcuno. A nostro avviso la legge non sarà affatto una iniziativa “per” la ricostruzione ma “contro” ed i motivi li abbiamo ampiamente sviscerati sia pubblicamente in tempi insospettabili che privatamente a tutti i politici interessati in ogni occasione possibile. In primo luogo saranno rimessi in discussione tutti i contratti ed i precontratti sottoscritti con le imprese generando infiniti ricorsi legali, sarà poi attribuita una responsabilità enorme sui presidenti dei consorzi e gli amministratori per la scelta finale dell’impresa secondo parametri che, oggi, nemmeno le più efficienti amministrazioni pubbliche sono in grado di valutare. Ciononostante sono diversi i politici che stanno costruendo la propria comunicazione politica su questa iniziativa di carattere normativo tanto da far sospettare che l’inattivismo degli ultimi tempi circa le pratiche giacenti all’ufficio speciale non sia affatto legato a motivi tecnici».