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Data: 19/02/2015
Testata giornalistica: Il Messaggero
Pd, false tessere a Roma: fantasma un iscritto su 5

ROMA Nel partito delle mille tribù anche i falsi iscritti, uno su cinque, avevano diverse gradazioni: quelli a loro insaputa, gli introvabili e quelli «di filiera». Con la tessera democrat in tasca tipo biglietto della metro: «Hai visto mai mi dovesse servire prima o poi...». Sono passati due mesi e mezzo. E l’inchiesta del commissario Matteo Orfini sul Pd di Roma affondato da Mafia Capitale è arrivata a metà dell’opera. Ma già si possono cogliere i frutti marci di una stagione politica «da dimenticare». Fatta di alcuni circoli, troppi: circa 130 in totale, che aprivano solo per le feste comandante (primarie e congressi), e quindi usati come pied à terre dal capobastone di turno. E poi i debiti, una montagna: due milioni di euro tra la federazione e le sezioni, quasi tutte morose nei confronti dell’Ater e del Comune, nonostante i canoni irrisori. Ci voleva l’arresto di Salvatore Buzzi, regolarmente iscritto al Pd, e gli avvisi di garanzia a tre amministratori di punta (Coratti, Ozzimo e Patanè) per mettere le mani in questo pentolone romano di mala-politica? «Serviva uno choc - ammette Orfini - ma a mano a mano che scopriamo tante anomalie viene fuori anche la voglia di reagire della base sana del nostro partito, che rimane maggioranza». La situazione, però, è seria e grave.
LE TELEFONATE
Il lavoro di bonifica è roba per stomaci forti: il commissariamento durerà per tutto il 2015, fanno capire dal secondo piano del Nazareno. Poi ci sarà di nuovo un congresso e le correnti - «che per me ormai sono morte, non rispondo più a nessuno» dice il presidente commissario - ritorneranno a galla per contarsi. Intanto, Orfini è alle prese con altri numeri. Da due mesi ha commissionato ai Giovani democratici, l’under 21 del Pd, chiamate a tappeto a tutti gli 8 mila iscritti della Capitale (che sei anni fa erano ventimila in più).
Non semplici telefonate, ma veri interrogatori. Tipo: «Scusi, signor Rossi, si ricorda l’ultima iniziativa a cui ha partecipato? E chi era intervenuto di preciso?»
Dopo i primi 3.600 nomi tirati fuori dagli elenchi sono già emersi in sequenza: ottanta iscritti inesistenti, oltre 500 falsi inconsapevoli e altri 200 che si sono iscritti perché «glielo hanno chiesto». Chi? I ras locali del Pd - che Buzzi, al telefono con il Guercio Carminati, diceva di controllare come biglie sulla spiaggia - e che ora sono scomparsi da radar e agenzie. Si arriva così alla conclusione: un tesserato su cinque è un fantasma. Un venti per cento destinato ad aumentare, telefonata dopo telefonata.
LA MAPPATURA
Il discorso diventa più complesso per i circoli. Alcuni sono condannati a tirare giù la saracinesca: non saranno più il salotto da dove il parlamentare o l’assessore municipale trama, organizza e pianifica scalate al cielo. Altre sezioni saranno ripulite, perché «in passato le segnalazioni sul tesseramento dopato sono arrivate proprio dai segretari locali». «Di sicuro 100 circoli territoriali sono troppi: ci saranno delle fusioni». E quelli aziendali, nati all’ombra della Rai come del Cotral insieme all’iper sindacalismo, non incideranno più nei congressi. Sembrano decisioni da burocrati ma non è così. Specie per chi ha usato il Pd di Roma come un taxi verso il potere, quando andava bene. Poi ci sono casi insostenibili: a Ostia, territorio a forti infiltrazioni mafiose ben prima di Buzzi & Carminati, Orfini manderà un parlamentare con gli anticorpi giusti. Un membro della commissione antimafia, «non romano». Anche a Tor Bella Monaca, dove c’è un partito balcanizzato, arriverà un altro sub commissario. Orfini spera che alla fine di queste grandi pulizie quello di Roma possa diventare dal «peggior Pd d’Italia» (copyright di Matteo Renzi) a un modello per Napoli e Milano. «La rete ci darà una mano, aiuterà la trasparenza e la partecipazione».
Anche perché di pari passo con il lavoro del Nazareno, fatto di telefonate e bilanci da vivisezionare, c’è anche quello più profondo che sta portando avanti Fabrizio Barca. L’ex ministro della Coesione sociale sta battendo uno a uno tutti i circoli della Capitale. Il progetto si chiama Luoghi ideali. Anche qui vengono intervistati i segretari per capire che fine abbia fatto la politica di un partito che alle Europee a Roma ha toccato il 42 per cento dei consensi per poi esplodere sei mesi dopo. Tra un mese Barca e Orfini incroceranno i dati e affonderanno il bisturi nel corpaccione di un partito che si era trasformato in un comitato di affari.

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