ROMA Ancora pochi giorni e le aziende potranno assumere con il contratto a tutele crescenti. Oggi il consiglio dei ministri approverà definitivamente il decreto che attua questa parte del Jobs act e il giorno dopo la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale le nuove norme saranno pienamente operative. E con esse, dopo anni di accese polemiche, l’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori andrà praticamente in soffitta per i tutti i nuovi assunti: niente più possibilità di reintegro sul posto di lavoro nel caso di licenziamento per motivi economici. D’ora in poi al massimo si potrà aspirare a un indennizzo. Cade così uno dei tabù storici del mercato del lavoro italiano. Varo definitivo anche per il decreto sul sussidio di disoccupazione che, attraverso Naspi e Dis-coll, allarga la platea dei beneficiari a una consistente fetta di precari. Entrambi i provvedimenti, infatti, hanno già ricevuto i necessari pareri delle Camere.
«Dal primo marzo le aziende potranno assumere con le nuove regole. Sono orgoglioso di questo governo che in 40 giorni ha prodotto due decreti attuativi» ha esultato ieri il ministro del Lavoro, Giuliano Poletti. La speranza - ha rivelato - è che quest’anno siano assunti con il nuovo contratto a tempo indeterminato a tutele crescenti tra i 200.000 e i 400.000 lavoratori. Se così fosse «avremo cambiato il modo di pensare il mondo dell’occupazione». Oggi il consiglio dei ministri varerà anche (in prima lettura, in attesa dei pareri del Parlamento) altri due pezzi del jobs act: il riordino dei contratti e la conciliazione dei tempi lavoro-genitorialità. Ieri sera non era ancora certo invece il via libera all’Agenzia unica ispettiva che accorpa le funzione di controllo di ministero del lavoro, Inps e Inail: dopo le proteste dei sindacati, che Poletti ha incontrato ieri, il governo starebbe infatti pensando di inserire alcune modifiche alla bozza circolata l’altro giorno. In ogni caso Poletti ieri ha confermato che «entro giugno» tutti i decreti attuativi della delega saranno varati. Sulla pista di lancio ci sono già quello che riforma la cassa integrazione e quello sulle politiche attive.
I PARERI DELLE COMMISSIONI
Nel dare il via libera definitivo ai primi due decreti attuativi del jobs act, il governo rispetterà le condizioni poste dai pareri delle commissioni parlamentari? È questo uno dei nodi che nella tarda serata di ieri ancora non era stato sciolto. Il problema riguarda soprattutto i licenziamenti collettivi: i pareri di entrambe le commissioni Lavoro - su sollecitazione della minoranza dem e con il contrasto degli alleati centristi - chiedono al governo di escludere dalle nuove norme i licenziamenti collettivi; i sindacati sono sulla stessa linea; Confindustria ritiene invece che anche questo tipo di licenziamenti debba entrare nella riforma. Alla vigilia di Natale, quando l’esecutivo varò in prima lettura il provvedimento, Renzi si disse convinto della bontà della decisione di estendere le nuove regole sui licenziamenti individuali per motivi economici a quelli collettivi. Manterrà la stessa posizione? I pareri non sono vincolanti. Secondo alcune fonti l’orientamento del premier, dopo una serie di riunioni che si sono tenute ieri a Palazzo Chigi in preparazione del consiglio dei ministri di oggi, sarebbe quello di non fare retromarce e confermare il testo originario mantenendo così intatto l’impianto della riforma. Ma alla fine, più che le ragioni tecniche, conteranno soprattutto quelle politiche. Un nodo che il premier probabilmente scioglierà solo stamane.