ROMA «La strada è giusta, ma ora non bisogna fermarsi». Stefano Dolcetta, vicepresidente di Confindustria con delega per le relazioni industriali, è palesemente soddisfatto. Ma comunque chiede al governo di andare oltre: «Le tutele crescenti devono essere estese a tutti». Contratti in essere compresi, quindi.
Il governo non ha accolto i suggerimenti contenuti nei pareri delle commissioni Lavoro di Camera e Senato. E quindi la temuta retromarcia sui licenziamenti collettivi non c’è stata. Un risultato non scontato.
«Dobbiamo dare atto al presidente del Consiglio di essere stato coerente. Eliminare i licenziamenti collettivi dalle nuove regole, sarebbe stato un grosso problema per le aziende che devono ristrutturare e riorganizzarsi».
Crede che saranno ancora molte le imprese alle prese con questi processi nei prossimi mesi?
«I recenti dati Istat su fatturato e ordinativi sono un segnale di inizio ripresa, ma la situazione in Italia è ancora molto variegata: le cose stanno andando bene per le aziende che esportano, che tra l’altro adesso hanno un alleato in più nella svalutazione dell’euro; la domanda interna però è ancora molto flebile e quindi chi opera sul mercato nazionale continua a soffrire. In questo senso andare avanti con le riforme è essenziale per affrontare il rilancio».
Quindi non è d’accordo con Renzi quando dice che ora gli imprenditori - tra jobs act, taglio Irap e sgravi contributivi - non hanno più alibi?
«Ribadisco: questo governo ha fatto cose importanti che apprezziamo molto. Ma non deve fermarsi qui. È importante che il contratto a tutele crescenti venga esteso a tutti, anche ai vecchi assunti. È una condizione indispensabile se si vogliono attrarre investimenti dall’estero».
Chi assume ora può utilizzare le nuove regole. Non basta?
«Ci sono anche i gruppi che arrivano per comprare e rafforzare aziende esistenti, con tutti i loro dipendenti».
I sindacati sono già sufficientemente delusi. Gli imprenditori invece hanno portato a casa tutte le loro richieste: licenziamenti, contratti, demansionamento. Non temete di passare come incontentabili?
«Durante questa crisi l’industria italiana ha investito il doppio di quella tedesca. Conosco molti imprenditori che hanno continuato a rischiare e investire con grande coraggio. Se vogliamo salvaguardare l’asset più importante della nostra economia, il manifatturiero, dobbiamo assolutamente ridurre i gap competitivi con tedeschi, francesi, inglesi intervenendo sulla malaburocrazia, la pubblica amministrazione, i tempi della giustizia, e continuando la buona strada intrapresa sul mercato del lavoro».
(*) vicepresidente di Confindustria