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Data: 22/02/2015
Testata giornalistica: Il Centro
Alfano canta vittoria. Boldrini contro Renzi. Ira della minoranza dem: «Anche Sacconi può iscriversi al Pd». La terza carica dello Stato: «Ignorati i pareri delle Camere»

ROMA Jobs act, il giorno dopo l’approvazione dei decreti attuativi del governo è rivolta nelle minoranza del Pd che accusa il governo di aver preso a schiaffi Parlamento, lavoratori e partito con una riforma che azzera lo Statuto del lavoratori. Mentre il Nuovo centrodestra con Alfano e Sacconi rivendica la riforma di Renzi come un «trionfo» del proprio partito, fissando già dei paletti sulla prossima riforma sui diritti civili, scende in campo anche Laura Boldrini. «Ci sono stati anche dei pareri non favorevoli da parte delle commissioni di Camera e Senato e forse sarebbe stato opportuno tenerli nel dovuto conto», dice Boldrini criticando il modus operandi dell’esecutivo. «I pareri delle commissioni non sono vincolanti, spiace che Boldrini venga meno a un ruolo di terzietà» ribatte Debora Serracchiani, vicesegretaria del Pd. Per Matteo Renzi quella di venerdì è stata una «giornata storica». Un parere entusiasta condiviso ieri da Pier Carlo Padoan. «Non credo affatto che sia stata una giornata storica, non lo è stata se guardi le cose con gli occhi dei lavoratori che sentono di aver perso qualcosa della loro storia e dignità», contesta Gianni Cuperlo, uno dei leader della minoranza del Pd che ieri ha riunito Sinistradem. «Le scelte fatte dal governo sono una grave frattura e una ferita nei confronti del Parlamento», aggiunge Stefano Fassina, sottolineando il parere contrario espresso dalle commissioni Lavoro su alcuni punti della riforma, per esempio sulla possibilità di effettuare i licenziamenti collettivi. «È stato uno schiaffo al gruppo parlamentare del Pd, si è tornati agli anni cinquanta: la propaganda di Renzi prende in giro i precari e procura un danno ai lavoratori», dice all’assemblea della sinistra l’ex viceministro dell’Economia di Letta. A far infuriare la minoranza è anche la gestione interna del partito. In direzione, prima della elezione di Sergio Mattarella al Quirinale avvenuta con l’unanimità dei democratici, infatti era stato votato un ordine del giorno da maggioranza e minoranza proprio contro i licenziamenti collettivi. Un odg ignorato del tutto dal premier segretario e che ora potrebbe avere conseguenze anche sull’Italicum. «Con questo decreto il Pd di Renzi diventa il partito degli interessi forti, dopo essere arrivato sulle posizioni di Ichino, ora ha raggiunto Sacconi che a questo punto può entrare nel Pd di Renzi», dice Fassina. «Non entrerei mai nel Pd, offenderei la mia vita politica», ribatte l’ex ministro del Lavoro di Berlusconi, entusiasta per una riforma. «Il Cdm di ieri (venerdì) è il trionfo del nostro stare al governo, sta a significare che è superato l’articolo 18, chi mai aveva mai cancellato l’articolo 18 e lo Statuto dei lavoratori?», s’interroga anche Angelino Alfano. Il leader del Ncd offre ora a Renzi un nuovo patto per arrivare fino al 2018. E, sull’onda del successo del jobs act, propone al premier un “Family act”, per tutelare la famiglia, «quella composta tra un uomo e una donna». Dopo le dure critiche dei sindacati per i quali il jobs act non ridurrà affatto il precariato, anche le opposizioni contestato la riforma. «È drammatico che un presidente del Consiglio si vanti di aver rottamato l’articolo 18 in un Paese in cui sempre più persone non hanno garanzie e stabilità nel mondo del Lavoro», dice il vice presidente grillino della Camera, Luigi Di Maio. «Renzi ha affermato che grazie all’abolizione dei co.co.co 200mila persone avranno contratti a tempo indeterminato, sarebbe come abolire le biciclette e sostenere che dal giorno dopo gli ex ciclisti diventeranno tutti proprietari di un’automobile: purtroppo il rischio è che molti diventeranno pedoni e solo pochi abbiamo l’opportunità di avere un’auto», spiega Giorgia Meloni. «Anche per i co.co.pro vale lo stesso, la maggior parte diventerà lavoratore autonomo a partita Iva, categoria alla quale il governo nega ogni forma di tutela, insomma #cocoprstaisereno», chiosa la leader di Fratelli d’Italia, riprendendo proprio a un anno dal governo il tweet di Renzi «dedicato» a Enrico Letta.

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