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Pescara, 24/11/2024
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24/02/2015
Il Messaggero
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Landini in campo, è bufera nel Pd. La sfida a Renzi: «Con Matteo a rischio la tenuta democratica del Paese. Io ho 350 mila iscritti tutti paganti, lui molti meno». Camusso lo convoca. La mobilitazione allarma la minoranza. La rete di Maurizio vale il 5-8%, tra i giovani però non “buca” |
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ROMA Il ”caso Landini”, ovvero la discesa-non discesa in politica del leader della Fiom ha paradossalmente ridato fiato alla guerriglia politica dentro il Pd. Ieri, infatti, persino un bersaniano moderato come Roberto Speranza, capogruppo democrat alla Camera, ha dettato alle agenzie una insolitamente puntuta dichiarazione anti-Renzi. «Il governo ha sbagliato a non tener conto del parere di Camera e Senato sui licenziamenti collettivi - ha detto Speranza - Se viene meno la sintonia tra parlamento e governo non si va da nessuna parte». Una presa di posizione che registra la fine dell’idillio nel Pd torno al ”metodo Mattarella” e lascia intravvedere possibili colpi di mano parlamentari in occasione delle votazioni alla Camera sulla riforme. A dar man forte a Speranza una pioggia di dichiarazioni a firma ad esempio del senatore Miguel Gotor, vicinissimo a Bersani, o di Alfredo D’Attorre che dice: «Il punto non è la scissione del Pd ma l’avvio di battaglie comuni contro un modello di politica economica». O di Pippo Civati: «E’ l’ora del dialogo». Dal fronte renziano replica il ministro Marianna Madia: «Su Landini non ci preoccupiamo del nostro consenso, andiamo avanti sul programma». Le nuove polemiche interne al Pd hanno oscurato l’incontro svoltosi ieri fra Susanna Camusso, leader della Cgil, e Maurizio Landini, segretario della Fiom, all’indomani dell’intervista di quest’ultimo al Fattoquotidiano il cui titolo prefigurava la sua discesa in politica. I due leader sindacali si sono chiariti a lungo ieri nella sede della Cgil di Corso d’Italia. Un faccia a faccia, sostengono, fissato da tempo per via della preparazione dell’assemblea annuale di 500 delegati Fiom che si terrà venerdì e sabato a Cervia alla quale parteciperà anche una delegazione qualificata della Cgil. TATTICA E STRATEGIA Che l’incontro non sia stato di routine lo testimoniava senza dubbio il glaciale tweet diffuso nel pomeriggio di domenica dal portavoce di Susanna Camusso, Massimo Gibelli, che recitava così: «Se Maurizio vuole scendere in politica tutti i nostri auguri ma il sindacato è altra cosa». Landini - che già domenica aveva precisato che il titolo della sua intervista non collimava con il suo pensiero - ieri al termine del vertice è stato lapidario: «Non c’è nulla da spiegare - ha detto - Parlo sempre alla luce del sole». Una dichiarazione stringata che si può tradurre così. Primo: in questa fase Landini e Camusso sono e restano alleati contro Renzi («La Fiom ha più iscritti del Pd», ha sibilato ieri Landini) . La Fiom condivide le proposte della Camusso che ha annunciato che intende raccogliere le firme per una legge di iniziativa popolare su un «Nuovo Statuto dei lavoratori» rinviando di qualche mese la decisione di chiedere o meno un referendum. Dall’altra parte Landini e Camusso restano divisi sulla strategia. Il sindacalista emiliano ancora domenica scorsa si è spiegato in questi termini: «Il cambio d'epoca chiede la ridefinizione di nuove strategie sindacali e politiche. E dunque oltre alla normale azione contrattuale bisognerà creare una coalizione sociale che superi i confini della tradizionale rappresentanza sindacale, capace di unificare e rappresentare tutte le persone che per vivere hanno bisogno di lavorare. Ed è questo che ho sempre inteso per impegno politico». La parola chiave di Landini, insomma, non è ”partito” (come spera parte di Sel, una parte del Pd e l’intera Fim-Cisl) ma ”coalizione sociale”. Un’impostazione applaudita anche ieri da Fausto Bertinotti.
La rete di Maurizio vale il 5-8%, tra i giovani però non “buca”
ROMA Più intellò che tute blu. Più Paolo Flores d’Arcais, filosofo noto per ripetuti flop politici, che Stefano Fassina. Più Rodotà che Camusso. Più rete sociale alla Podemos che partito strutturato alla Syriza. Più Gino Strada, Milena Gabanelli e Giorgio Cremaschi che Sergio Cofferati. Più vecchi che giovani. Cioè? Ecco un sondaggio Swg di queste ore, sul partito che non c’è ma già c’è perchè dire di volerlo fare e negare allo stesso tempo è la tecnica berlusconiana del ’93 che un mediaman come Maurizio Landini sta applicando alla lettera. Secondo questi dati, la fiducia in Landini è bassa nella fascia degli italiani tra i 18 e i 24 anni: appena l’11 per cento tifano Maurizio. E’ oltre il doppio (il 23 per cento) tra gli over 64enni e ha il suo picco massimo nella fascia tra 55 e 64 anni. Nel partito post-sindacale dominerebbe insomma il colore grigio delle Pantere canute, forse perchè sono quelle più affezionate ai valori di un tempo - tra cui oltre a quelli sociali c’è l’intoccabilità della Costituzione - e meno abituate, in quanto spesso già in pensione, a doversi misurare con la liquidità dell’attuale modo del lavoro in cui i diritti vengono inevitabilmente ridisegnati. LABORATORIO
Questa sorta di «laboratorio sociale» sarebbe una federazione di garantiti e non garantiti, No-Tav e indignados nostrani, piccole partite Iva e ceto medio riflessivo urbano, tsipariti italici e tutti quelli che l’euro «nemico di classe». L’obiettivo è infischiarsi della nomenklatura della sinistra Pd e togliere voti di sinistra al Pd; aspettare il fallimento, se ci sarà, delle riforme di Renzi che sono «malate»; denunciare la «deriva totalitaria» che sarebbe stata avviata dal premier (Gustavo Zagrebelsky è uno di quei costituzionalisti che formano una costola importante del partito Landini); e fare maturare la legislatura attuale fino al 2018, così c’è il tempo di organizzarsi con una lista ad hoc. Ma c’è da sfatare una costante: i sindacalisti in politica, tranne rari casi, hanno sempre fatto cilecca. E da superare un problema: se in Spagna e in Grecia i partiti socialisti si sono suicidati, qui il Pd ha il vento in poppa e per ora la Cgil non fa sponda in quanto roccaforte bersaniana. Per ora, secondo i sondaggisti, il partito Landini - comprendente anche la somma di Sel-Rifondazione Comunista e Verdi - vale tra il 5 e l’8 per cento. Alessandro Amadori, di Coesis Research, arriva a quotarlo fino al 10 per cento, comprendente però dei voti grillini che andrebbero via dai 5 Stelle. ROADSHOW
Spiega Antonio Noto, di Ipr Marketing: «Con il 5 per cento, Landini non sposterebbe gli equilibri politici, così come non li ha spostati alle Europee la Lista Tsipras. Se invece riuscirà ad aggregare parte della sinistra Pd, arrivando al 10 e togliendo un 5 al Pd, allora sarebbe un leader vincente e il quadro politico cambierebbe assai». Alessandra Ghisleri, la sondaggista di Berlusconi, spiega: «La fiducia in Landini è al 20 per cento. Ma perchè si tramuti almeno in parte in voti, serve che il nuovo leader impari a parlare non soltanto alla sua nicchia». Già da ieri con «Otto e mezzo, e anche prima di ieri e in queste ore, sta provando a farlo. E oggi, in questa nuova costruzione del consenso, il road show prevede la prima tappa a Radio anch’io, trasmissione pop e trasversale.
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