ROMA Tra Renzi e Landini ormai è duello giornaliero. E si comincia a capire anche il motivo di tanto battagliare, almeno da parte del premier: Renzi ha visto e capito che sull’onda del Jobs act i rapporti con la minoranza del Pd si andavano inasprendo, anzi sono già ai ferri corti, e ha come al solito giocato d’anticipo. «Io non eletto?», ha replicato Renzi da Parigi dopo che Landini aveva lanciato l’accusa, «ricordo che l’Italia è una Repubblica parlamentare, è il Parlamento che dà la fiducia al governo». Ma è sul fronte interno, che polemiche, accuse e critiche sono ormai in crescendo. Le minoranze dem sono sulle barricate. I pontieri come il capogruppo Roberto Speranza appaiono in difficoltà. Il premier ai suoi l’ha detto chiaro: «Speranza deve mantenere il punto, ma non può esagerare, se no rischia di perdere il ruolo».
IL CONVEGNO
Per la fine di marzo Area riformista ha in agenda un convegno che si annuncia come la chiamata a raccolta di tutti quanti non ci stanno a seguire il renzismo, con un fronte di richieste e di proposte che sono altrettante pallottole contro la linea del Pd renziano. Si va da emendamenti sull’Ilva alla Rai. Non poteva mancare l’offensiva sulla legge elettorale e sulle riforme. «Siamo pronti a presentare nostri emendamenti», annuncia Stefano Fassina. Gira voce che si punti direttamente al bersaglio grosso: non più solo o tanto emendamenti contro i capilista bloccati e per le preferenze, battaglia che non è mai stata della sinistra, ora si punta al corpaccione dell’Italicum, alla sua novità strategica: le modifiche riguarderebbero l’abolizione del doppio turno, e del premio, se non si arriva al 40 per cento al primo turno. Ma non è finita. Nelle minoranze si sta discutendo da qualche giorno, al momento in maniera riservata, ma il tema è stato sollevato, di uscire dalla segreteria unitaria del partito, organismo che aveva visto l’ingresso di un dalemiano (Enzo Amendola), una bersaniana (Micaela Campana), e di un cuperliano (Andrea De Maria), che invece adesso potrebbero uscirne decretando così la fine della pax interna. Ultimo punto di attacco, alcune situazioni periferiche del partito, in primis le primarie in Campania, dove il vertice del Nazareno sta cercando di far passare la linea di rinuncia alle primarie per convergere su un candidato unico nella persona di Luigi Nicolais, attuale presidente del Cnr, ma c’è l’opposizione dei tre che sono già candidati (De Luca, Cozzolino, Migliore), nonché la ristrettezza dei tempi («se veramente Guerini sabato va a Napoli a proporre lo stop, c’è da pagare il biglietto per assistere», chiosava un deputato campano alla Camera.