Continua e si intensifica la campagna della Cgil “Gli appalti sono il nostro lavoro. I diritti non sono in appalto”. Un'iniziativa promossa dal sindacato di corso d'Italia a sostegno di una proposta di legge di iniziativa popolare sulla questione appalti che, in sintesi, propone: la garanzia dei trattamenti dei lavoratori impiegati negli appalti privati e pubblici; il contrasto alle pratiche di concorrenza sleale tra le imprese; la tutela dell'occupazione nei cambi di appalto. Mentre, dopo aver attraversato le regioni del Nord, il furgone della Cgil continua il suo viaggio nel Paese per la raccolta di firme (qui le prossime tappe), in vista di giovedì 19 marzo giornata nazionale per la raccolta firme nei luoghi di lavoro, a Roma la Fillea ha promosso un appuntamento dal titolo 'Giù le mani dai cantieri'.
La questione, di fatti, attraversa una categoria come la Fillea, ma non solo: “Gli appalti incrociano trasversalmente tutti i settori produttivi e sono un tassello centrale della crescita dell'economia, così come della qualità stessa del lavoro”, ha detto, nel corso dell'intervento conclusivo dell'iniziativa, il segretario confederale della Cgil, Franco Martini. “Gli appalti - ha spiegato - sono un tema che riguarda l'intera organizzazione e deve diventare, all'interno di questa, un'iniziativa popolare. Anche perché, dalla legge di Stabilità al Jobs Act, ovvero tutti temi che hanno visto al centro la mobilitazione della Cgil, gli appalti sono il crocevia dal quale passano tutte le principali questioni che ci hanno visto impegnati”.
La stessa apertura della stagione di rinnovi contrattuali, infatti, si intreccia col tema appalti. “In questi giorni - ha affermato Martini - stiamo intensificando la discussione sui prossimi rinnovi che investiranno 9 milioni di persone con una consapevolezza: se il motore dell'economia non torna a produrre ricchezza non risolveremo alcun problema di natura contrattuale. La contrattazione è infatti il tentativo di redistribuire ricchezza, per questo il paese è 'condannato' a produrla. Da qui la constatazione che il sistema degli appalti vale circa il 15% del Pil e qui bisogna agire: non solo in una logica quantitativa ma anche, e soprattutto, qualitativa del lavoro”. Di fatti, ha aggiunto Martini, “il tema della qualità del lavoro, assente dalle politiche del governo, è centrale in un settore caratterizzato da imprese ad alta densità di manodopera, con un alto tasso di capitale lavoro”.
Così come è “clamorosamente assente il tema delle politiche industriali e di sviluppo”, eppure il bisogno, come sostenuto dalla Cgil, “di rimettere in moto investimenti pubblici e di favorire quelli privati, vuol dire parlare in buona parte di appalti. Occuparsi di appalti vuol dire interrompere il processo di destrutturazione e nanismo industriale, domandarsi con quale tipo di impresa e quale tipo di lavoro ci proponiamo di agganciare la ripresa. Senza dimenticare che qui si annida una larga fetta di economia illegale, pari a 60/70 miliardi di euro l'anno, che attraverso l'adozione di un sistema di regole e di trasparenza potrebbero rientrare nel circuito legale e servire, magari, anche a rendere gli ammortizzatori sociali un po' più universali”. Insomma: “crescita dell'economia, reperimento risorse, quantità e qualità del lavoro”, c'è tutto questo dietro la campagna della Cgil sugli appalti, secondo il dirigente sindacale.
Una proposta che, “oltre a rivendicare il ripristino di quella responsabilità solidale bersagliata da tre anni di interventi legislativi”, si incrocia “col percorso sindacale unitario sul tema appalti, direttive europee e disegno di legge delega di recepimento”. Infine, ha concluso Martini, “gli appalti sono un tema centrale: bisogna intervenire per riportare trasparenza e regole, tutelando e garantendo i lavoratori coinvolti, anche e soprattutto dalle storture del Jobs Act. Questo il nostro impegno, questo l'obiettivo della campagna”.