ROMA Gli uomini vicini al premier confermano che «il progetto esiste». Ma glissano su tempi e modalità di realizzazione. Il cantiere dell’Autorità unica per le reti, destinata ad assorbire le competenze dei tre organismi in attività che si occupano di eletticità e gas, Tlc e trasporti, si riapre con Matteo Renzi. A Palazzo Chigi una task force è al lavoro da settimane per mettere a punto, in collaborazione con il Mise, un piano utile a far nascere un soggetto regolatore con poteri di supervisore unico su tutte le principali infrastrutture a rete del Paese, dai gasdotti agli aeroporti, dalla dorsale telefonica a quella ferroviaria ed elettrica. Occorre ricordare che fu il governo guidato da Mario Monti, nel 2012, ad accarezzare per primo l’idea di accorpare le autorità ma l’operazione, avversata dalla maggioranza dei partiti che sostenevano l’esecutivo, naufragò senza lasciare alcuna traccia. Adesso Renzi è determinato a raccogliere e condurre in porto una riforma che, nelle strategie dell’ex sindaco di Firenze, consentirebbe non solo di razionalizzare l’impiego delle risorse ma anche di creare un punto di riferimento regolamentare unico per tutti gli asset strategici, così come definiti dai nuovi decreti sul Golden power, che tutelano le principali infrastrutture tlc, energetiche e dei trasporti.
I POTERI ANTI-SCALATA
Una disciplina, quella dei nuovi poteri antiscalata, che proprio nei giorni scorsi ha visto andare a posto gli ultimi tasselli organizzativo-burocratici. Il 18 febbraio scorso, infatti, sono stati approvati anche i modelli standard che dovranno essere utilizzati dalle aziende per inoltrare al governo la notifica delle operazioni potenzialmente rilevanti. L’intenzione dell’attuale governo di mettere mano alle autorità, peraltro, era stata esplicitata nell’articolo 22 del decreto Legge 90 sulla riforma delle Pa dello 24 giugno scorso. Nel capitolato si parlava in maniera chiara di «razionalizzazione delle autorità indipendenti» in nome di un rafforzamento dell’indipendenza ma soprattutto della necessità di realizzare robusti risparmi di spesa. Le authority italiane pesano per circa 400 milioni sul bilancio delle Stato e la stessa commissione sulla spending review di Carlo Cottarelli aveva suggerito l’opportunità di un taglio.
Chi lavora al dossier della futura Autorità per le reti prefigura la creazione di un soggetto agile, con sede a Roma, governato da norme ferree in grado di combattere incompatibilità e potenziali conflitti d’interesse. E con retribuzioni fortemente ridotte rispetto ad oggi per quanto riguarda le strutture di vertice. Peraltro, la stessa riforma della Pa, impone un taglio non inferiore al 50% degli incarichi di consulenza, studio e ricerca rispetto ai livelli del 2013 che già riflettono i risparmi imposti dai provvedimenti adottati nei precedenti tre anni.
Michele Di Branco