ROMA La riforma che, con il nuovo Senato, pone fine di fatto al bicameralismo paritario ha ricevuto, dopo palazzo Madama, anche il via libera della Camera. Mancano ancora tre delle quattro letture (conformi) del Parlamento previste per la modifica di 40 articoli della Costituzione, per avvicinarsi a quello che un esultante Matteo Renzi definisce su Twitter «un Paese più semplice, più giusto e più veloce». Il premier si dice consapevole che «c’è ancora molto da fare. E lo faremo. Ma intanto qualcosa si muove. E nell’Italia che era immobile da anni già questa è una notizia. Forza, che è davvero la volta buona». 357 sì, 125 no, 7 astenuti il risultato. Tra i no si contano quelli dei deputati di FI che, ad eccezione di Gianfranco Rotondi, hanno votato contro la riforma che aveva invece ottenuto l’ok dei loro colleghi del Senato. Ma almeno 17 di loro l’hanno fatto solo «per affetto» verso Berlusconi, accompagnando la poco entusiasta decisione con una documento inviato all’ex Cavaliere zeppo di critiche alla gestione del partito e, in particolare, alla conduzione del gruppo della Camera presieduto da Renato Brunetta.
Contrari anche Lega, Sel, Fdi, che assieme a FI hanno rinunciato all’Aventino, ma non M5S presente in aula solo con Danilo Toninelli che ha espresso a nome dei deputati grillini la «contrarietà al tentativo di rovinare la Costituzione imposto con metodi fascisti». I parlamentari di Sel hanno invece votato sollevando in alto una copia della Costituzione, mentre Nichi Vendola, fuori dall’aula parlava di «stravolgimento, con un colpo di mano, del fondamento della Costituzione e della vita democratica».
INSODDISFAZIONE
La palese insoddisfazione nutrita su diversi aspetti del ddl di riforma non ha però impedito al grosso della sinistra del Pd di allinearsi alle scelte della maggioranza. Solo otto deputati dem non hanno preso parte al voto e tre si sono astenuti. La più aperta contrarietà è stata espressa da Stefano Fassina e Pippo Civati. Tutti gli altri hanno dato via libera alla legge, ma con un avvertimento: «Questa - ha detto per tutti - Pier Luigi Bersani - è l’ultima volta che votiamo sì, se non si modificherà in modo sensato l’Italicum». L’ex segretario, che ieri è stato ricevuto dal capo dello Stato Mattarella, ha affermato che «un Senato non elettivo può essere accettato, ma non il sui combinato disposto con questa legge elettorale. Se si dice che è immutabile, allora la voti chi se ne assumerà la responsabilità. Io certamente no». Posizione, quella di Bersani, condivisa in un documento sottoscritto da Gianni Cuperlo e altri 23 deputati della sinistra dem. Di questi alcuni - tra cui Rosy Bindi - sono intervenuti in aula per dichiarazioni ”in dissenso dal gruppo“ non per votare difformemente ma per spiegare la sofferta decisione di conformarsi nel voto alla maggioranza del gruppo. La stessa cosa hanno fatto quei deputati di FI che hanno allineato il loro voto alle indicazioni di Berlusconi, ma solo per «amore» verso il capo.