L’AQUILA - Uomini della Guardia di finanza dell’Aquila hanno sequestrato negli ultimi due giorni documenti relativi alla transazione in corso tra il Comune capoluogo e la società Cgrt, concessionaria della metropolitana di superficie, la tramvia leggera da 30 milioni di euro mai portata a termine in seguito all’annullamento dell’appalto da parte dell’amministrazione causato da un pronunciamento della corte di giustizia europea.
Non è chiaro se si tratti di un’inchiesta contabile oppure penale, in quanto non è emerso ancora se a inviare le Fiamme Gialle sia stata procura della Corte dei conti oppure la procura della Repubblica.
Al momento sono ignote anche le ipotesi di reato, secondo quanto si è appreso i finanzieri avrebbero visitato l’ufficio legale e quello tecnico, in particolare quello del responsabile unico del procedimento, Carlo Cafaggi.
È comunque l’ennesimo colpo di scena in una vicenda legata a un progetto mai completato, caratterizzato da polemiche e scontri politici anche sul rischio dissesto per il Comune, dal costo di 30 milioni di euro, varato 15 anni fa dall’amministrazione di centrodestra guidata dall’allora sindaco Biagio Tempesta ed ereditato da quella guidata da Massimo Cialente.
L’inchiesta si incrocia con il processo amministrativo in corso al Tar dell’Aquila che nei prossimi mesi potrebbe arrivare a sentenza, sulla base del ricorso dell’imprenditore Eliseo Iannini, titolare della Cgrt, che ha impugnato la decisione di annullare la commessa da parte della Giunta comunale di centrosinistra, avvenuta nel gennaio 2009, chiedendo un risarcimento record da 28 milioni di euro.
Il tentativo di transazione, che per la verità va avanti da anni, nelle ultime settimane era entrato nel vivo e riguardava i costi sostenuti dal concessionario, il cui risarcimento è previsto dalla legge: la richiesta minima di Cgrt per mollare la causa è di 8 milioni, distante 2 milioni dall’offerta ufficiale di 6 formulata dal Comune nelle scorse settimane a Iannini e i suoi legali dal Comune.
Ma dopo il rifiuto della Cgrt c’è stato l’aumento a 6,5 somma comunque mai offerta formalmente.
Una proposta quantificata sulla base di due perizie redatte dai consulenti Vincenzo Cerulli Irelli, noto avvocato, che ha fatto una stima di oltre 8 milioni, e Donato Carlea, ex provveditore interregionale alle Opere pubbliche Lazio-Abruzzo-Sardegna, che nei suoi conteggi propone poco più di 5 milioni per chiudere.
Ma l’amministrazione pare entrata in un vicolo cieco visto che è accerchiata su più fronti in questa vicenda, ragione per la quale si riparla di rischio di dissesto finanziario.
Oltre all’inchiesta sul Comune pende la scure del ministero delle Infrastrutture: infatti è arrivata un’ulteriore lettera che riguarda i 6,3 milioni di residuo del finanziamento dell’opera, il “tesoretto” con il quale il Comune vorrebbe chiudere la transazione.
In quella missiva gli uomini del ministro Maurizio Lupi minacciano la revoca dei 6,3 milioni da spendere nell’ambito della mobilità pubblica, ma soprattutto il recupero delle somme già erogate qualora l’ente non giungesse a un accordo con la concessionaria.
Per questo il sindaco Cialente insieme ai suoi collaboratori sarà a Roma nella giornata di lunedì prossimo, per uscire da un tunnel che vede l’amministrazione schiacciata tra la nuova inchiesta giudiziaria, il ministero che minaccia revoca e risarcimento e il Tar che potrebbe condannarla a un pagamento milionario capace di mandare in dissesto le casse comunali.
La vicenda ha tenuto banco anche a livello politico: nelle scorse settimane è stata anche argomento di discussione nell’ambito di una riunione di maggioranza di centrosinistra che ha accolto positivamente l’operazione-transazione, chiedendo però l’attribuzione delle responsabilità alla precedente Giunta guidata dal sindaco Tempesta, e ai dirigenti comunali che all’epoca diedero il via all’opera.
La riunione è stata disertata, secondo quanto si è appreso volutamente, dal capogruppo di Sinistra ecologia libertà, Giustino Masciocco, grande oppositore del progetto.
Cialente si è già espresso favorevolmente sull’ipotesi di transazione ritenendo sia l’unica valida per lasciarsi definitivamente alle spalle questa tormentata odissea.
D’altronde la volontà politica di questa Giunta, in carica dal 2007 e rinnovata nel 2012, è stata sempre quella di silurare il progetto metro, tanto che, nell’ambito della rimozione dei binari installati e inutilizzati dalla sede stradale, è stata anche tranciata una rete a fibra ottica per 400 mila euro di danni, come svelato da questo giornale.
Ora, però, il primo cittadino e la maggioranza hanno anche il timore della reazione dell’opinione pubblica, quando il Comune sarà verosimilmente costretto a pagare una somma milionaria, quindi fondi pubblici, a un privato, per riparare agli errori strategici e amministrativi commessi tre lustri fa.
Gli ultimi giorni sono stati caratterizzati dalla messa in campo di altri approfondimenti per validare la correttezza procedurale della transazione, anche se in Comune è presente anche un gruppo fautore del no all’accordo.
A curarsi di questo altro tipo di tentativo è il segretario generale, Carlo Pirozzolo, che sta percorrendo una via nuova e diversa per arrivare alla formulazione di una proposta con un’altra procedura che si basa su altri presupposti legali legati tra le altre cose a sentenze già attuate.
Ma ora il tutto è superato dall’inchiesta che, sempre stando a fonti comunali, il sindaco chiederà sia celere.