L’AQUILA «Se ci ferma la polizia ci arresta». Hanno avuto ragione, alla fine, quegli amici imprenditori edili che s’incontrano in un bar nei pressi di un distributore di viale Corrado IV e s’intrattengono in una macchina dove c’è una cimice che registra la loro conversazione. È il 17 ottobre 2012 e dentro l’auto ci sono Alfonso Di Tella, 56 anni, detto Pettolone, imprenditore edile di San Cipriano d’Aversa – ma da trent’anni sulla breccia all’Aquila – e Raffaele Cilindro (51), con un terzo personaggio non indagato. «E lo sai che un aquilano con due casapennesi mo’...il guaio è grosso...alla faccia del cazzo...uno di San Cipriano, uno di Casapesenna e uno dell’Aquila...». L’ARRESTO. Cilindro, ieri, è stato arrestato a Casapesenna (Caserta) su ordinanza del gip Egle Pilla nell’ambito di un’inchiesta della Procura campana che gli contesta il reato di associazione per delinquere di tipo mafioso. La misura si basa sulle dichiarazioni di pentiti del calibro di Attilio Pellegrino e Massimiliano Caterino ma anche su intercettazioni telefoniche e ambientali che documentano la presenza costante, nel territorio aquilano, di personaggi legati ai clan campani. L’ALTRA INDAGINE. L’inchiesta fa proprie e amplia le conclusioni di un’indagine della Procura aquilana che a giugno 2014 ha portato a un’operazione con sette arresti, i tre componenti della famiglia Di Tella, oltre agli imprenditori aquilani Elio Gizzi, ai fratelli Dino e Marino Serpetti e all’avezzanese Michele Bianchini. GLI AMICI DEL BOSS. Il pezzo grosso che si cela dietro al personaggio coinvolto in questa seconda inchiesta è il boss Michele Zagaria arrestato nel 2011. Nel contesto delle investigazioni mirate alla sua cattura nascono le intercettazioni delle persone «attenzionate», tra le quali appunto Di Tella e Cilindro. Entrambi sono ritenuti vicini al boss di Casapesenna. L’amicizia tra i due, per l’accusa, è un fatto conclamato: «Di Tella», si legge nelle carte dell’inchiesta, «è pacificamente riconducibile a Zagaria; è in continuo contatto con esponenti storici del gruppo di Casapesenna e anche con Cilindro». Quest’ultimo, poi, «aveva la possibilità di incontrare Di Tella all’Aquila, chiedergli lavori per la ricostruzione post-terremoto e denaro proveniente dalla ricostruzione che veniva girato direttamente a Cilindro». IL SIGNOR 5%. Al clan, stando al meccanismo svelato dai pentiti, andava il 4-5% dell’appalto. Il denaro veniva speso anche al casinò di Venezia. Le indagini hanno ricostruito il passaggio dei soldi (compresa la cresta dello stipendio degli operai) tra Di Tella e Cilindro a gennaio 2013 e giugno 2013. «Dunque», conclude il gip, «è evidente l’inserimento di Cilindro nella cerchia di imprenditori di Michele Zagaria, i quali, proprio in ragione della loro appartenenza, riescono a essere favoriti nell’aggiudicazione di pubblici appalti».