ROMA Ha dovuto faticare, Matteo Renzi, per arrivare alle dimissioni di Maurizio Lupi, e adesso che le ha ottenute già si pensa al dopo. Chi alle Infrastrutture al posto del ministro ncd dimissionario? Girano diverse ipotesi, di nomi e di scenari, il più accreditato dei quali prevede un interim breve dello stesso premier, il tempo di far svolgere le regionali per poi procedere a un rimpastino (più probabile) o a un rimpastone (meno probabile). Con una premessa: quel dicastero non spetta più all’Ncd ma lo ambisce il Pd.
AMBIZIONI DEM
«Le Infrastrutture sono un ministero importante, centrale, ma noi del Pd non ci abbiamo nessuno, è come se ne stessimo fuori», dicevano autorevoli deputati e senatori dem giunti alla Camera per votare i giudici costituzionali. Con Lupi lavorano il vice ministro Riccardo Nencini che è socialista e non risponde direttamente a Renzi; e ci lavora Umberto Del Basso De Caro, ex socialista avvocato di Craxi, ora del Pd, ma come sottosegretario, non proprio in prima fascia, insomma. «Per il premier si profila una doppia sfida», spiegava a Montecitorio uno degli uomini più vicini a Renzi: «Dimostrare che si può guidare quel ministero senza bisogno di ricorrere ai magistrati, e riuscire a sbaraccare quella struttura interna che si è visto e capito fa il bello e il cattivo tempo da anni, da decenni». Tradotto significa che Raffaele Cantone non dovrebbe lasciare la sua Authority per diventare ministro, tanto più che un suo arrivo vorrebbe dire calcare la mano più sull’aspetto legalità che non su quello dello sviluppo. Dunque?
Girano diverse ipotesi, tra le quali la più accreditata prevede lo spacchettamento tra Lavori pubblici e Trasporti, come era una volta, con due responsabili diversi quindi (Moretti sarebbe in corsa). Si fanno anche i nomi di Luca Lotti, o in subordine di Graziano Delrio, attuali sottosegretari, nomi che però chi sa assicura non essere realmente in corsa. Come che sia, lunedì il premier salirà al Colle per parlarne direttamente con il capo dello Stato, sicché Sergio Mattarella avrà il suo battesimo di Presidente che affronta la prima crisi o simil crisi del suo mandato.
E Ncd? «Non siamo un monocolore Pd, quel ministro deve rimanere a noi», ha già messo le mani avanti Lupi, ma non si sa se Angelino Alfano è dello stesso avviso. Nell’ipotesi che le Infrastrutture passino al Pd, è pronto per Ncd il ministero Affari regionali lasciato vacante da Maria Carmela Lanzetta, per il quale si fanno i nomi di Gaetano Quagliariello, coordinatore del partito, o di Maurizio Sacconi, ex ministro del Lavoro, sempre ncd.
IL SUMMIT A TRE
Come si è giunti alle dimissioni di Lupi? Decisivo è stato l’incontro a tre a palazzo Chigi tra Renzi, Alfano e lo stesso ministro, durante il quale il premier è vero che non avrebbe chiesto direttamente le dimissioni del ministro traballante, ma fin dal primo momento ha però lavorato perché a queste si arrivasse. Durante l’incontro il ministro già traballante ha preso atto che il barometro volgeva al peggio quando Renzi ha fatto capire che davanti alle mozioni di sfiducia delle opposizioni il Pd non avrebbe fatto quadrato. A tarda sera, vertice a quattro alla Camera: Guerini, Rughetti, Rosato e Martella, proprio per discutere come procedere in vista del dibattito di oggi a Montecitorio. Il vertice del gruppo pd non avrebbe votato la mozione delle opposizioni, ma si è detto pronto eventualmente a presentarne una propria. Ncd aveva una sola carta, a quel punto: minacciare la crisi di governo. Minaccia mai neanche ventilata.