L’AQUILA - Il Tribunale amministrativo regionale dell’Aquila ha respinto il ricorso della società Cgrt dell’imprenditore Eliseo Iannini contro la delibera della Giunta comunale numero 1 che, il 7 gennaio 2009, ha disposto l’annullamento della concessione per costruire la metropolitana di superficie, opera pubblica mai nata del valore di 30 milioni di euro.
Il Tar si è espresso nel merito nonostante, nella scorsa udienza del 25 febbraio, la difesa dell’impresa, rappresentata dall’avvocato Massimo Manieri, avesse già manifestato di non avere più interesse alla domanda impugnatoria.
Questo perché la rinuncia all’annullamento dell’atto non significava rinuncia alla domanda di risarcimento del danno, quantificato in circa 28 milioni di euro, domanda respinta dai giudici Bruno Mollica (presidente), Maria Abbruzzese (consigliere) e Paola Anna Gemma Di Cesare (estensore).
DE NARDIS: “ERA UN'OPERAZIONE CONTRO LEGGE”
“Il Tar ha dato perfettamente ragione alla linea che il Comune aveva impostato fin dal 2008, prima che si andasse in causa, in una maniera che è passata indenne da rilievi - spiega ad AbruzzoWeb l’avvocato comunale Domenico De Nardis - L’annullamento era costruito sulla sentenza della Corte europea e su altri atti, mancavano 1,5 chilometri di percorso su strade dove non si poteva passare e poi c’era il problema enorme della gestione trentennale per garantire all’impresa 1,5 milioni di euro di canone per trent’anni a fronte di nessun rischio di impresa e alcuni modesti interventi di manutenzione”.
Insomma, secondo il legale, “l’operazione non si poteva reggere, era contro legge. Tutti i punti sono stati oggetto di vaglio e ogni volta il Tar ci ha dato ragione”.
LA SENTENZA
GIUSTO L’ANNULLAMENTO
Secondo la sentenza, il Comune ha fatto bene a procedere all’annullamento della concessione sulla base di alcuni presupposti: su tutti, la sentenza della Corte di giustizia del 13 novembre 2008 che “ha ritenuto contraria al diritto comunitario la procedura indetta dal Comune, che ha aggiudicato con il meccanismo del project financing una concessione di lavori pubblici, che, viste le modalità di gestione del servizio di trasporto contenute nella convenzione, avrebbe dovuto essere invece qualificata come appalto di lavori”.
Ma per il Tar era giusto annullare la concessione anche “sia al ritardo nell’esecuzione dei lavori da parte della concessionaria con conseguente lievitazione degli oneri per l’Amministrazione sia alla impossibilità concreta di realizzare alcune parti del tracciato della linea tranviaria a causa dei pareri negativi del Ministero per i beni e le attività culturali”.
E ancora, vista la “volontà della concessionaria di non proseguire i lavori” ma anche per il “mancato pagamento della fornitura di treni da parte della concessionaria”.
NON E’ STATA UNA REVOCA
Il caso, inoltre, non rientra neanche nelle ipotesi in cui è dovuta un’indennità: non è una revoca, dice il Tar, ma un annullamento d’ufficio. In soldoni, non è un cambiamento di idea per cui l’ente pubblico deve pagare il 10% della parte non eseguita, in questo caso circa 5 milioni, ricorso anche questo respinto.
CASO RISERVE, SI VEDRA’ DAL GIUDICE CIVILE
Il giudice amministrativo, inoltre, si è tirato fuori dalle questioni relative a prima dell’annullamento, le quali, ha fatto notare, “restano devolute alla giurisdizione del giudice ordinario, innanzi al quale, come risulta dalla deliberazione n.260/2013 e come dichiarato all’udienza pubblica del 25 febbraio 2014, pende un giudizio nella fase di appello, con attuale tentativo di conciliazione tra le parti”.
Il riferimento è a una strada già percorsa dalla ditta, quella di chiedere al giudice ordinario una somma, 3,7 milioni, per le irregolarità nel corso della vicenda, le cosiddette riserve. Richiesta bocciata in primo grado e ora attesa dal processo di appello.
I difensori del Comune fanno notare, però, che, trattandosi di un accordo interno al rapporto contrattuale, ed essendo stato annullato il rapporto stesso, cade anche l’accordo. Alla luce di ciò il giudice di secondo grado potrebbe confermare sentenza.
IL CTU NON SERVE
Tra le altre cose, nella sentenza non c’è traccia della richiesta di nomina di un consulente tecnico fatta da Cgrt per valutare la perdita economica non avendo potendo gestire per 30 anni la metro, non c’era motivo di pronunciarsi sulla richiesta di consulenza avendo respinto il ricorso.
SALTA LA TRANSAZIONE?
Dopo questo colpo si deve considerare saltata la transazione che il Comune stava contrattando con la stessa Cgrt per chiudere bonariamente la vicenda con un’offerta di 6,5 milioni di euro a fronte della richiesta di 8.
Nei prossimi giorni Iannini e il legale decideranno se appellare la sentenza ricorrendo al Consiglio di Stato, organo di secondo grado della giustizia amministrativa.
Secondo il difensore comunale, “la transazione teoricamente resta ancora possibile, ma a condizione di un parere favorevole che venga dalla Corte dei conti”, alla cui sezione consultiva il segretario generale, Carlo Pirozzolo, ha spedito una delle cinque diverse relazioni stilate sulla vicenda metro.
Ma sulla carta anche il Comune potrebbe rivalesi, chiedendo un indennizzo corrispondente alla somma che Cgrt avrebbe dovuto versare di tasca propria per l’esecuzione dei lavori. Il 60% della metro veniva da un contributo pubblico, regolarmente pagato, il 40% avrebbe dovuto versarlo di tasca sua il concessionario e i difensori comunali verificheranno che ciò sia avvenuto.
“Per transare, ora, si ipotizza, ci vorrà come presupposto la prova da parte dell’impresa dell’effettiva anticipazione di quelle somme. Certo, l’urgenza di procedere ora è molto stemperata”, conclude De Nardis.