Tutto da rifare: la sentenza di proscioglimento emessa dal giudice per le udienze preliminari Ciro Marsella a carico dei fratelli Piero e Stefano Di Nino e di altre sette persone, perlo più autisti della società, è stata annullata dalla Cassazione l'altro giorno. Secondo i giudici di legittimità, il cui giudizio quindi non entra nel merito dei presunti reati, la decisione di non luogo a procedere emessa dal togato sulmonese (ora trasferito in Corte d'Appello) è viziata e quindi va sottoposta di nuovo al vaglio del giudice. «Non sappiamo cosa esattamente la Cassazione abbia ritenuto essere viziato perché al momento abbiamo solo il dispositivo e non la sentenza - spiega Antonella Di Nino, figlia di Piero, vice presidente della Provincia e avvocato degli imputati - di certo però sappiamo che in fase di udienza preliminare il giudice aveva vagliato uno a uno i diversi capi di imputazione con elementi oggettivi. Continuiamo ad essere convinti della estraneità dei Di Nino».
POLIZIA STRADALE
L'indagine giudiziaria, condotta dalla polizia stradale di Pratola Peligna e coordinata dal sostituto procuratore Aura Scarsella e che vedeva inizialmente indagate quindici persone, aveva fatto tremare una delle più grandi società di trasporto in Italia e, soprattutto, la vicepresidente della Provincia Antonella Di Nino (non indagata), la cui elezione in Provincia nel 2010, secondo la Procura, era stata «drogata» dalle pressioni fatte dal padre Piero ai dipendenti. Oltre che per il «voto di scambio» (che si sarebbe concretizzato con riduzione degli orari di lavoro, inviti decisi e nomine a rappresentanti di lista) contestato al padre della coordinatrice provinciale di Forza Italia, i fratelli Di Nino erano accusati insieme ad altri tre dipendenti, tutti di Pratola, di truffa, falso ed estorsione, per aver cioè inserito delle calamite nei cronotachigrafi dei tir al fine di falsare i tempi e gli orari di viaggio (regolati dalla legge) e aver quindi costretto gli autisti del gruppo a turni massacranti, evitando che facessero i riposi imposti e truccando i limiti di velocità consentiti. Altri quattro dipendenti erano accusati di falso, di avere cioè materialmente manomesso i cronotachigrafi usati sui mezzi, mentre altri sei accusati di favoreggiamento sono usciti dall'inchiesta prima che questa arrivasse in udienza preliminare. Non è noto al momento quali di questi capi di imputazione (se tutti o in parte) sia stato ritenuto dalla Cassazione non sufficientemente analizzato dal giudice Marsella nell'udienza preliminare, sta di fatto che la vicenda, che aveva creato anche un forte scossone politico alla vigilia delle elezioni, deve essere di nuovo sottoposta al vaglio del tribunale di Sulmona.