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Data: 22/03/2015
Testata giornalistica: La Repubblica
Allarme Fmi: "Crescita delle disuguaglianze dove il sindacato è più debole". Uno studio realizzato dal Fondo monetario internazionale ribadisce l'importanza di un forte potere contrattuale dei lavoratori per mantenere equilibri economici più sostenibili

ROMA - Il turbo capitalismo negli ultimi decenni ha potuto fare enormi profitti e concentrare enormi ricchezze nelle mani di un numero sempre più ristretto di persone grazie anche alla perdita di forza contrattuale da parte dei sindacati. E' la conclusione a cui è arrivato non un centro studi della sinistra radicale, ma una delle istituzioni più importanti del liberalismo e fautrice della globalizzazione come il Fondo monetario internazionale.

Il declino del numero dei lavoratori iscritti ai sindacati spiega metà dell'aumento di 5 punti della concentrazione del reddito nel 10% più ricco della popolazione nei paesi avanzati tra il 1980 e il 2010, concludono le economiste del Fmi Florence Jaumotte e Carolina Osorio Buitron in una ricerca in via di pubblicazione. "L'indebolimento dei sindacati riduce il potere contrattuale dei lavoratori rispetto a quello dei possessori di capitale, aumentando la remunerazione del capitale rispetto a quella del lavoro" e porta le aziende ad assumere decisioni che avvantaggiano i dirigenti, per esempio sui compensi dei top manager", affermano le due studiose anticipando i risultati della ricerca sulla rivista dell'Fmi 'Finance & Development'.

Lo studio, intitolato 'Power from the people', esamina diverse misure dell'iniquità (dalla quota di reddito del 10% più ricco della popolazione all'indice di Gini) per i paesi ad economia avanzata. Anche considerando l'impatto della tecnologia, della globalizzazione,della liberalizzazione finanziaria e del fisco, i risultati confermano che "il declino della sindacalizzazione è fortemente associato con l'aumento della quota di reddito" nelle mani dei ricchi. Questa iniquità, ricorda ancora la ricerca, secondo recenti studi, può portare ad una crescita minore e meno sostenibile ed essere nociva per la società "perché consente ai più ricchi di manipolare in proprio favore il sistema economico e politico", come è emerso anche da uno studio del premio Nobel Joseph Stiglitz.

Le conclusioni del lavoro svolto sotto il patrocinio dell'Fmi sono state subito fatte proprie dai leader sindacali per rilanciare le loro posizioni. Secondo la segretaria della Cgil, Susanna Camusso, "esce confermato lo straordinario bisogno di sindacato che hanno tutte le società moderne, non solo come elemento di regolazione e di tutela, ma come straordinario fattore di crescita, di eguaglianza, di salvaguardia materiale e di promozione dei diritti". "Penso che questo studio - ha proseguito - debba far riflettere i tanti sostenitori dell'inutilità della mediazione politica, economica e sociale svolta dai corpi intermedi". "Quando il sindacato è presente - ha concluso - i risultati in termini di protezione economica sono molto maggiori di qualsiasi altro strumento, sia esso il reddito di cittadinanza o il salario minimo deciso dalla politica".

"E' certamente positivo che anche il Fondo Monetario Internazionale riconosca il legame tra la sindacalizzazione, una migliore redistribuzione della ricchezza e l'equità dei sistemi economici", ha commentato da parte sua il segretario generale della Cisl, Annamaria Furlan, ricordando come l'aumento delle diseguaglianze non comporta "solo emarginazione ed esclusione sociale ma anche un ostacolo alla crescita economica complessiva". Il segretario generale della Uil, Carmelo Barbagallo, ha sottolineato infine come "da lungo tempo la Uil sostiene che c'è bisogno di più sindacato e di più contrattazione in Italia, in Europa e nel mondo. Il sindacato ha sempre avuto la funzione di riequilibrare gli assetti sociali ed economici di un paese: una funzione non gradita a molti potentati".

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