ROMA Criticati da destra e da sinistra, chiusi fuori dalla porta dal governo (a partire da quello italiano) e alle prese con centinaia di crisi aziendali, i sindacati trovano un alleato inatteso nel Fondo monetario internazionale. Secondo un articolo di due economiste del Fondo, Florence Jaumotte e Carolina Osorio Buitron, il calo degli iscritti ai sindacati spiega metà dell’aumento di 5 punti della concentrazione del reddito nelle mani del 10% più ricco della popolazione, nelle economie avanzate, tra il 1980 e il 2010. «L’indebolimento dei sindacati riduce il potere contrattuale dei lavoratori rispetto a quello possessori di capitale, aumentando la remunerazione del capitale rispetto a quella del lavoro» e porta le aziende ad assumere decisioni che avvantaggiano i dirigenti, per esempio sui compensi dei top manager. Lo studio esamina diverse misure dell’iniquità (dalla quota di reddito del 10% più ricco della popolazione all’indice di Gini) per tutti i Paesi ad economia avanzata per cui sono disponibili informazioni. E anche considerando il ruolo della tecnologia, della globalizzazione, della liberalizzazione finanziaria e del fisco, dimostra che «il declino della sindacalizzazione è fortemente associato con l’aumento della quota di reddito» in possesso dei ricchi. Questa maggiore iniquità, secondo recenti studi, può portare a una crescita minore e meno sostenibile ed essere nociva per la società «perché consente ai più ricchi di manipolare in proprio favore il sistema economico e politico»,