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Data: 29/03/2015
Testata giornalistica: Il Messaggero
Squinzi: serve crescere del 2%, i sindacati hanno frenato tutto. Il leader Confindustria sollecita le riforme e attacca la Fiom: «È l’annuncio di un nuovo soggetto politico

VENEZIA «È possibile tornare a crescere del 2%». È un obiettivo alla nostra portata e nemmeno troppo in là nel tempo. Il presidente di Confindustria, Giorgio Squinzi, ribadisce il suo ottimismo dal palco veneziano del convegno biennale dei piccoli imprenditori di Confindustria. Seduto accanto a lui c’è il ministro del Lavoro, Giuliano Poletti. La sintonia tra i due è ottima. Squinzi però vuole essere chiaro fino in fondo: bene il Jobs act, bene gli sgravi contributivi previsti dalla legge di Stabilità, ma non basta. Per far ripartire il Paese ad una velocità dignitosa «bisogna togliere tutto quello che è piombo dalle tasche del corridore Italia che sta scalando una salita impegnativa». E quindi via sprechi, malaburocrazia, corruzione, e avanti tutta sulle riforme economiche e istituzionali.
IL GOVERNOIl ministro Poletti concorda: «È vero, lo dico sempre anche io. Il problema dell’Italia non è avere più agevolazioni e incentivi, quelli ci sono. Il problema è togliere la vagonata di ostacoli. Non ha senso dare le vitamine ai cavalli e poi mettergli davanti muri insuperabili».
Ma via anche i freni tirati a tutta forza dai sindacati. Il presidente di Confindustria lo dice in modo inequivocabile: «I sindacati hanno sicuramente responsabilità nell’attuale situazione economica dell’Italia, perché hanno frenato tutto». E fa anche un esempio: l’accordo sulla rappresentanza sul quale finalmente erano tutti d’accordo, «salvo che poi ci hanno fatto disperare per la parte applicativa. Alla fine ci sono voluti 18 mesi». Un’eternità in un mondo che «richiede reazioni velocissime ai cambiamenti».
Caso particolare è quello dei metalmeccanici della Fiom in piazza a Roma guidati da Landini. Per Squinzi è «l'annuncio di un nuovo soggetto politico che si sta costituendo». Cosa legittima, ovviamente e «positiva in termini di democrazia». Purché «sia capace di guardare al futuro», visto che «nel passato sono già stati fatti abbastanza danni».
Anche su questo fronte il ministro Poletti concorda. Quel che pensa sulla manifestazione della Fiom lo dice con una battuta: «Loro in piazza, io tra gli operai». Detto così, a un convegno di Confindustria, può sembrare quantomeno fuori luogo. Ma in realtà Poletti tra gli operai, quelli della Speedline di Santa Maria di Sala a pochi chilometri da Mestre, ci andrà davvero (appena salutati gli imprenditori) per un dibattito sul Jobs act e proprio mentre Landini e Camusso parlano dai microfoni di piazza del Popolo a Roma.
IL JOBS ACTAl di là delle provocazioni e degli slogan (da una parte e dell’altra), Poletti si dice convinto che la strada intrapresa dal governo sia quella giusta. Definisce «irrazionali e illogiche» le critiche di chi sostiene che i nuovi assunti di questi mesi presto diventeranno nuovamente disoccupati grazie alle nuove regole del Jobs act.
E ribadisce che l’intenzione del governo è quella di spingere sempre di più sui contratti a tempo indeterminato, rendendoli più convenienti e meno cari rispetto alle altre tipologie contrattuali «anche a regime». Intanto annuncia che a giorni i due decreti attuativi già varati in prima lettura dal Consiglio dei ministri e ancora al vaglio della Ragioneria generale dello Stato, arriveranno in Parlamento per i necessari pareri. E altri due sono già sulla pista di lancio. Compreso quello del riordino degli ammortizzatori sociali che potrebbe comportare novità rilevanti sulla cassa integrazione, per spostare risorse dai «padri ai figli».
Poletti per ora la dice così: «Basta con chi difende le rendite e non si occupa delle opportunità. Io dico: le rendite vanno legnate, le opportunità vanno premiate».

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