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Data: 29/03/2015
Testata giornalistica: Il Messaggero
Verso la società unica di trasporti - Fusione trasporti. Bene ma diventi uno strumento strategico pensando al 2035 di Alessandro Sarra(*)

Molte delle dichiarazioni riportate dalla stampa sulla fusione fra Arpa, Sangritana e Gtm in una società soggetta a controllo analogo della Regione, così come è stata recentemente deliberata dai consigli di amministrazione delle tre imprese di trasporto, non rendono giustizia ad una operazione che, se ben gestita, potrebbe avere un ruolo centrale per le future politiche di sviluppo regionali. L’aver portato a casa questo risultato, rappresenta di certo una buona notizia per la giunta D’Alfonso. Ora che la scatola è fatta bisogna pensare a che contenuto darle: solo così la nuova società potrà davvero essere qualcosa di diverso da una mera somma –forse con qualche piccolo ritaglio delle realtà alle quali subentra. Il fatto è che una fusione, in sé e per sé, è solo uno strumento. È un’operazione societaria da valutare con il metro della sua utilità, che a sua volta dipende da un lato dagli obiettivi ai quali è finalizzata, dall’altro dalla misura in cui la nascente entità migliora la capacità di raggiungerli. Eppure proprio questo piano di riflessione –quali obiettivi, e come la nuova società dovrebbe contribuire al loro raggiungimento - rischia di essere spazzato via da una bufera di luoghi comuni. In effetti, il dibattito è molto improntato sulla retorica di rito. Sin dalla scorsa legislatura regionale sentiamo ripetere che con la fusione si razionalizzerà l’attività delle imprese, si elimineranno le duplicazioni, si ridurranno i costi, si manterrà l’occupazione e si migliorerà la qualità del servizio. Tutto giusto ma anche tutto ovvio, direi: pubblica o privata, grande o piccola che sia, non conosco impresa che non dovrebbe (o non dichiarerebbe di voler) operare in quella direzione. Inoltre gli stessi obiettivi si potrebbero perseguire anche se le imprese restassero separate tra loro, ad esempio con degli accordi di cooperazione e coordinamento. Non sono questi risparmi (pur necessari e opportuni) che proietteranno il sistema del trasporto regionale abruzzese nel prossimo ventennio. E allora, perché la fusione?
Se si riflette lasciando i binari della retorica al momento di moda, ci si rende conto che la fusione fra gli operatori di trasporto ha valore se si riesce ad utilizzarla come uno strumento strategico: i benefici che si possono ottenere finalizzando l’attività della nuova impresa a favorire la crescita del sistema regionale sono, infatti, molto maggiori di quelli che possono essere ottenuti da razionalizzazioni e risparmi di costo una tantum (e che, ribadisco, non richiedono necessariamente una fusione per essere perseguiti).
PERCHE’ PUO’ INCIDERE. Sarebbe lungo spiegare tutto nel dettaglio, ma il tipo di servizi di trasporto cui è possibile accedere, la loro qualità e la rete territoriale servita possono influenzare profondamente le scelte insediative delle imprese e quelle residenziali, possono aumentare molto il reddito disponibile per le famiglie al netto delle spese sostenute per gli spostamenti collegati a lavoro e istruzione, possono addirittura rendere socialmente più accettabile la redistribuzione sul territorio di alcuni servizi fondamentali (tema, quest’ultimo, di scottante attualità) e così via. In buona sostanza e senza dilungarsi troppo, utilizzando attivamente il disegno del sistema di trasporto e coordinandolo con gli altri strumenti che le (poche) risorse disponibili permettono di utilizzare per la promozione della crescita, si potrebbe favorire quel riequilibrio territoriale di cui la nostra Regione ha bisogno per proiettarsi nel futuro senza perdere la propria identità.
I PROCESSI DISGREGATIVI. Chiunque abbia il polso dell’economia abruzzese si rende conto che una delle criticità che più intensamente la minacciano sono i processi disgregativi e “centrifughi” ai quali stiamo assistendo. La crisi di questi anni, il crollo demografico, la riorganizzazione dei servizi essenziali stanno producendo un vero e proprio “svuotamento” di molte aree interne; tutti i sistemi industriali storici, dal Nord al Sud della Regione si confrontano con difficoltà senza precedenti; alcune porzioni del territorio rischiano di iniziare a gravitare intorno a poli di attrazione che si trovano al di fuori dei confini regionali. La sensazione è che il sistema delle relazioni interne abbia subito (e stia tuttora subendo) una trasformazione radicale, complice un assetto dei trasporti che negli ultimi lustri è stato gestito con l’idea che le varie parti (ferro, gomma, urbano, extraurbano) dovessero adottare logiche autonome, e che dovessero seguire l’evoluzione del sistema economico più che contribuire a governarla. Nulla di più sbagliato.
UNA STAGIONE NUOVA?
Adesso potremmo finalmente essere alle porte di una stagione nuova. Certo, l’assetto del sistema dei trasporti non riuscirà da solo a modificare o a frenare queste tendenze. Ma se alziamo gli occhi dalla punta dei nostri piedi e iniziamo a pensare all’Abruzzo che vorremmo fra venti anni, ci rendiamo conto che si tratta di uno strumento essenziale: usato bene potrà rafforzare di molto gli effetti delle politiche per la crescita che le amministrazioni regionali del presente e del futuro dovranno mettere in campo. Ciò, naturalmente, significa che l’assetto del sistema di trasporto deve essere considerato uno strumento di politica economica, e che l’impresa in fase di costituzione –in questo senso sì che è necessario che sia unica- dovrà essere considerata da chi la gestirà un “generatore di investimenti” e non un “generatore di costi”. Esagerando, volutamente direi, che non saranno importanti le perdite che eventualmente dovesse subire (anche se ovviamente sarà meglio evitarle) se farà bene il proprio mestiere. Si tratta, fra l’altro, dell’unica spiegazione virtuosa che si può dare alla scelta di porre la nuova società sotto il cosiddetto “controllo analogo” della Regione. Ma questa è un’altra storia.

(*) docente di Economia dell’impresa alla D’Annunzio e alla Luiss

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