Riscrivere il testo unico sugli appalti e costituire una rete di osservatori territoriali e settoriali che riuniscano intorno allo stesso tavolo mondo del lavoro, associazioni datoriali, organismi sindacali, imprese e istituzioni per gestire e monitorare le dinamiche sull’assegnazione degli appalti. Questa la proposta illustrata ieri dalla Cgil Pescara a Palazzo deimarmi, alla presenza delle associazioni di categoria, Paolo Di Cintio di Ance, Gianni Taucci di Confesercenti, Piero Galasso di Confcommercio e Leopoldo de Lucia di Legacoop. «Da una nostra stima - premette Luca Ondifero, Filcams Cgil - emerge che nella nostra provincia sono oltre 10mila le persone impegnate nei lavori in appalto». Preoccupano le condizioni contrattuali dei dipendenti dei Cup delle Asl abruzzesi confluiti nel Cup unico regionale, affidato a un raggruppamento di imprese. La Cgil sta promuovendo una raccolta firme per portare in Parlamento una proposta di legge, di iniziativa popolare, finalizzata a tutelare il lavoro in appalto, a dare continuità occupazionale e reddituale alle lavoratrici e ai lavoratori nei cambi appalto, a responsabilizzare i committenti, ad evitare il massimo ribasso e a rendere trasparente il sistema: «Bisogna ridurre centrali appaltanti - precisa Ondifero -, centri di spesa, moltiplicazione dei costi e ancora monitorare la qualità dei progetti, verificando la qualità della spesa e richiamando alle proprie responsabilità la pubblica amministrazione». Anche guardando al Jobs act di Renzi, gli appalti non sarebbero ben normati: «Con questa riforma - lamenta Emilia Di Nicola, segretaria Cgil Pescara - a ogni cambio appalto i lavoratori dovranno essere riassunti, con tutti i rischi connessi». Osserva Franco Martini: «Se l’obiettivo è tornare a produrre ricchezza, solo dagli appalti deriva il 15% del Pil». Spaventa la congiuntura economica: «In Abruzzo - denuncia Gianni Di Cesare - ci sono 10 mila posti di lavoro inmeno, 45 mila in meno nel Mezzogiorno dove se non ci sarà ripresa, sarà impossibile averla a livello nazionale».