TERAMO «Chiederò i danni a Di Matteo e voglio essere sentito dal magistrato». Il giorno dopo la notizia dell’inchiesta aperta sul fallimento Sogesa e dell’iscrizione del suo nome nel registro degli indagati nella veste di ex presidente del Cirsu (insieme ad altri sei ex dirigenti), il rettore Luciano D’Amico affida ad una nota la sua risposta. «L’iscrizione, doverosa, del mio nome nel registro degli indagati», scrive D’Amico, «nasce non per iniziativa autonoma dell’autorità giudiziaria bensì a seguito di una denuncia dell’attuale presidente del Cirsu Angelo Di Matteo. Chiederò immediatamente, a mezzo dei miei legali Tommaso Navarra e Augusto La Morgia, di essere sentito dal magistrato e consegnerò una memoria che chiarirà non solo la mia totale estraneità ai fatti, ma sarà utile per individuare le vere cause e responsabilità del fallimento Sogesa. Per completezza aggiungo di aver già dato mandato ai miei legali di richiedere al Cirsu, al Di Matteo e a tutti coloro che stanno concorrendo in questa incresciosa vicenda, il risarcimento di tutti i danni derivanti dalla portata calunniosa delle gravi accuse ingiustamente rivoltemi». Il nome di D’Amico è uno dei sei che compare nel fascicolo aperto dal pm Stefano Giovagnoni sul fallimento della Sogesa dopo l’esposto presentato dagli attuali vertici del Cirsu. La procura, per ora, ipotizza una bancarotta. L’inchiesta sta muovendo i primi passi tra acquisizione di documenti e imminenti affidamenti di consulenze tecniche. L’attenzione di inquirenti ed investigatori si concentra sul fallimento Sogesa con l’obiettivo di ricostruire i tanti, e complessi, passaggi che nel 2012 portarono al tracollo della società, l’ex braccio operativo del Cirsu innescando vari conteziosi. Situazione per cui l’attuale presidente del Cirsu Di Matteo ha presentato in tribunale un esposto come atto di autotutela che chiama in causa le gestioni, tra il 2007 e il 2010, degli ex presidenti.