Iscriviti OnLine
 

Pescara, 24/11/2024
Visitatore n. 740.934



Data: 03/04/2015
Testata giornalistica: Il Messaggero
Pressione fiscale al 50% a fine 2014. La concentrazione delle scadenze di pagamento spinge verso l’alto il peso di imposte e contributi sociali sul Pil.

ROMA È soltanto una conferma, anche se naturalmente non fa piacere a nessuno. Nel 2014 la pressione fiscale in Italia, ovvero il rapporto tra le entrate tributarie e contributive e il prodotto interno lordo, ha raggiunto il 43,5 per cento, con una crescita dello 0,1 per cento rispetto all’anno precedente.
Il dato è contenuto nel conto economico trimestrale delle pubbliche amministrazioni diffuso ieri dall’Istat; un mese fa erano già stati resi i noti i numeri annuali, tra cui appunto anche quello sulla pressione fiscale. Il documento di ieri permette di esaminare l’andamento di questo indicatore, come degli altri di finanza pubblica, da un trimestre all’altro nel corso dell’anno; andamento che nel caso delle entrate tributarie è chiaramente influenzato dal calendario delle scadenze delle imposte dirette (mentre quelle indirette come l’Iva sono versate in modo abbastanza uniforme nei dodici mesi). Così la pressione, che nel primo trimestre era al 38,7 per cento, è salita al 43,2 nel secondo (in occasione dei versamenti di giugno) per poi scendere al 41,1 nel terzo e quindi toccare il 50,3 nel quarto, che comprende le scadenze di fine novembre. A fine 2013 era stata del 50,2 per cento, mentre nel quarto trimestre del 2013 aveva raggiunto un livello ancora superiore il 50,5 per cento.
I VALORI ANNUALI. Tornando ai dati annuali, anche quelli in valore assoluto possono dare un’idea del livello toccato dal prelievo fiscale nel nostro Paese. Le imposte dirette valevano lo scorso anno 237,5 miliardi, in lieve calo rispetto ai 240,9 dell’anno precedente (a causa dell’anticipo dei versamenti chiesto in particolare a banche e assicurazioni). Le indirette invece sono cresciute da 238,7 a quasi 247 miliardi, riflettendo anche l’aumento di un punto dell’aliquota Iva e la maggiore imposta generata dal pagamento dei debiti della pubblica amministrazione. In calo invece (da 4,2 a 1,3 miliardi) la voce imposte in conto capitale, che si riferisce alle entrate tributarie di carattere straordinario.
La pressione fiscale è influenzata anche dal gettito dei contributi previdenziali e di altro tipo versati da datori di lavoro e lavoratori. Nel corso del 2014 hanno superato quota 216 miliardi (tra versamenti effettivi e figurativi) superando di circa 1 miliardo il livello raggiunto nell’anno precedente.
In totale le entrate, comprese anche quelle di natura extra-fiscale come ad esempio i dividendi delle società pubbliche ammontavano alla fine dello scorso anno a 777,2 miliardi, quasi 4 in più rispetto al 2013.
SPESE AD ALTA QUOTA. Dall’altra parte del conto del conto economico delle amministrazioni pubbliche ci sono naturalmente le spese, arrivate complessivamente a quota 826,3 miliardi, con una crescita di oltre 6 miliardi sull’anno precedente. Aumentano le uscite per prestazioni sociali come le pensioni e seppur di poco quelle per consumi intermedi (gli acquisti di beni e servizi) mentre diminuiscono da 164,9 a 163,9 miliardi gli importi destinati alle retribuzioni dei dipendenti pubblici.
GLI INTERESSI SUL DEBITO. Della spesa complessiva fanno parte anche gli interessi sul debito pubblico, che grazie alla straordinaria riduzione dei tassi di interesse (poi proseguita nel 2015 anche grazie alle misure straordinarie della Bce) sono calati da quasi 78 a poco più di 75 miliardi. Il saldo primario, dato dalla differenza tra entrate e uscite (esclusi appunto gli interessi) è stato positivo lo scorso anno per circa 26 miliardi (l’1,6 per cento del Pil). Inserendo nel calcolo anche gli interessi, si arriva invece ad un disavanzo - quello rilevante ai fini europei detto indebitamento netto - di 49 miliardi, comunque contenuto entro la soglia del 3 per cento del Pil: nel 2013 era stato del 2,9 per cento.

www.filtabruzzo.it ~ cgil@filtabruzzo.it