ROMA A qualcuno, non c’è dubbio, può far comodo: cento/centocinquanta euro in più al mese sullo stipendio sono utili a risolvere qualche problemino anche di non poco conto. Tipo la bolletta della luce ancora da pagare, o quel paio di scarpe che nostro figlio ci chiede da tempo, oppure - perché no - un paio di sere in pizzeria con famiglia o amici. Da oggi entra in vigore la misura introdotta in via sperimentale dall’ultima legge di Stabilità sulla possibilità, per i lavoratori dipendenti del settore privato, di chiedere la quota mensile di Tfr maturando in busta paga. Una norma sulla quale il governo conta molto per rilanciare i consumi e quindi la ripresa.
LO SVANTAGGIO FISCALE
Prima di aderire (come detto non è un obbligo, ma una possibilità) è bene che ogni lavoratore faccia con attenzione i propri calcoli, tenendo presente che a fronte del vantaggio immediato di avere una busta paga più pesante, ci sono una serie di svantaggi differiti. Il più facile da individuare: a fine periodo lavorativo la liquidazione (per chi a suo tempo ha deciso di lasciare il Tfr in azienda o al fondo apposito dell’Inps) sarà più leggera; stessa sorte per l’assegno della pensione complementare (per chi ha optato per il Tfr ai fondi integrativi). C’è poi un altro svantaggio da mettere in conto: il Tfr in busta paga sarà assoggettato a tassazione ordinaria (Irpef, addizionali regionali e comunali), mentre quello a fine carriera sconta la più favorevole tassazione separata. Inoltre, entrando nel reddito complessivo, potrebbe far diminuire le detrazioni fiscali. Il conto delle tasse dovrebbe essere senza aggravi per chi ha uno stipendio di 15.000 euro annui, da quella soglia l’aggravio c’è e può arrivare a 600 euro l’anno. È invece salvo il bonus degli 80 euro: la Quir (così si chiamerà l’anticipo, significa quota integrativa retribuzione) non concorrerà alla verifica dei limiti di reddito complessivo ai fini dell’agevolazione.
LA SCELTA È IRREVOCABILE
Interessati alla norma sono tutti i lavoratori dipendenti del settore privato (esclusi i domestici e i lavoratori agricoli) con contratto subordinato e con un’anzianità aziendale presso lo stesso datore di lavoro di almeno sei mesi. Chi vuole approfittare di questa possibilità deve presentare domanda al proprio datore di lavoro (il fac simile del modulo è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 19 marzo 2015 serie 65 come allegato al Dpcm 29/2015). Da ricordare che la scelta non è reversibile: una volta fatta durerà per tutto il periodo della sperimentazione, ovvero fino al 30 giugno 2018. Nessuna fretta, comunque. La domanda può essere presentata anche dopo aprile. L’opzione è esercitabile anche da chi, a suo tempo, aveva scelto di destinare il Tfr a un fondo pensione complementare. In tal caso però, nel periodo di durata dell’opzione, si continueranno a versare al fondo gli eventuali contributi aggiuntivi a carico del lavoratore o del datore di lavoro.
L’EROGAZIONE
L’erogazione della Quir arriverà con la busta paga del mese successivo alla richiesta, se l’azienda per la quale si lavora ha più di 50 dipendenti; se invece è più piccola occorrerà attendere tre mesi. Quindi se ad esempio la si chiede adesso, la Quir si avrà con lo stipendio di luglio.
Se il lavoratore può scegliere, non è così per l’azienda che, una volta ricevuta la richiesta, è obbligata a erogare la quota di Tfr in busta paga (al netto dello 0,5% da versare all’Inps). Salvo alcune eccezioni: sono escluse infatti le imprese in crisi, con programmi in corso di cassa integrazione straordinaria o in deroga. Esclusi anche i lavoratori che hanno messo il Tfr a garanzia di contratti di finanziamento fino all’estinzione del credito.