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Data: 03/04/2015
Testata giornalistica: Il Messaggero
Delrio è ministro «Infrastrutture, la mia priorità è ultimare l’Expo» Ieri sera il giuramento, subito al lavoro: via alla rotazione dei dirigenti. Resta al dicastero la struttura tecnica di missione.

ROMA Riservato e prudente com’è, Graziano Delrio non si fa strappare troppe parole nelle sue prime ore da ministro delle Infrastrutture. Ma visto che l’inaugurazione dell’Expo di Milano è ormai a un passo ed è concreto il rischio-disastro, Delrio parte proprio da lì: «Dobbiamo farcela a completare le opere dell’Expo per il primo maggio, il giorno dell’inaugurazione. Ne va dell’immagine del Paese».
Di grandi opere Delrio se ne intende abbastanza. Ha cominciato a maneggiarle nel 2004 quando divenne sindaco di Reggio Emilia. Poi si è fatto le ossa nell’ultimo anno nel ruolo di sottosegretario alla presidenza del Consiglio con la delega ai fondi strutturali europei. Ed ecco la sua filosofia: «A fare grande un’infrastruttura non è il fatto che questa colleghi grandi poli o il suo importo. Ma la sua utilità e necessità per la vita della comunità. Per questo anche una piccola connessione o una palestra scolastica hanno un grande valore, in quanto hanno una grande efficacia e importanza nella vita delle persone». Insomma, Delrio si propone ministro delle opere utili, più che delle opere grandi.
I colleghi di governo ieri pomeriggio, nell’ultimo Consiglio dei ministri celebrato da sottosegretario, gli hanno riservato pacche sulle spalle e battute. «Dai, cambi solo di posto...». «Evviva, hai fatto carriera!». «Buon lavoro a graziano_delrio amico vero e prezioso compagno di strada», twitta il premier. Ma chi conosce bene Delrio, assicura sa che «non ha mai spinto per tornare ministro» (lo era stato con Enrico Letta con la delega agli Affari regionali e alle autonomie). «E certamente», dice un altro ministro, «Graziano è contento, non vive il trasferimento al dicastero di Porta Pia come una punizione...». Parole che riportano all’ininterrotto tam tam, secondo il quale Delrio avrebbe sofferto la coabitazione con Luca Lotti e gli altri esponenti dei “Giglio magico” fiorentino, lui unico emiliano alla corte di Matteo Renzi. Ma Delrio ha sempre smentito «categoricamente» ogni tensione.
Di sicuro Renzi, nell’annunciare in Consiglio che «tra un paio d’ore Graziano farà il ministro delle Infrastrutture e noi lo ringraziamo per il lavoro svolto finora», ha dato al suo ormai ex braccio destro due garanzie di peso. La prima: Delrio, almeno per il momento, conserva la preziosa delega ai fondi strutturali europei appetita dal Nuovo centrodestra per il (futuro) dicastero del Sud. La seconda: la struttura tecnica di missione, il cuore pulsante delle Infrastrutture che Renzi in dicembre progettava di trasferire a palazzo Chigi, resterà invece a Porta Pia. «Del resto Delrio non avrebbe mai accettato di trasferirsi in un dicastero svuotato...», dice un suo amico deputato.
PULIZIA E ROTTAMAZIONE
E chi lo conosce sostiene anche che «Graziano farà pulizia». Quasi certa la rotazione dei dirigenti di Porta Pia, terremotata dall’inchiesta sul sistema di potere-Incalza. E anche qualche rottamazione: «La fiducia con i cittadini», ha scritto il nuovo ministro nel libro “Cambiamo l’Italia” appena edito da Marsilio, «si ricostruisce solo quando e se la politica ha l’ambizione non solo di guardare la realtà per quella che è, ma contiene anche il desiderio di mutare quella realtà. Senza azione, perfino la democrazia vacilla. Se la democrazia non agisce, né decide, la separazione dalla realtà diventa totale (...). Separazione è la parola chiave, con Renzi abbiamo deciso di rottamare la separazione».
E pensare che alla politica Delrio, che prima di salire ieri sera al Quirinale è andato dal barbiere («non voglio salire sul Colle con i capelli lunghi»), ci è arrivato quasi per caso. Nato a Reggio Emilia 54 anni fa, la sua prima passione è stata il calcio: mediano di qualità nella squadra locale del Montecavolo e un provino (andato male) con il Milan. Poi la laurea in medicina, la specializzazione in endocrinologia a Tel Aviv e Gran Bretagna. E soprattutto le nozze con Annamaria ad appena 22 anni: «Era già in attesa del nostro primo marmocchio». Ne arriveranno altri otto.
La storia di Delrio è anche storia di una conversione. Famiglia comunista, diventa cattolico a vent’anni. E sceglie l’impegno nel Ppi erede della Dc. Poi nel 2001 aderisce alla Margherita, per diventare nel 2004 il primo sindaco non comunista di Reggio Emilia con il 63,2% dei voti. Da sindaco si occupa di emergenze sociali (droga e l’alcol tra i giovani) e lancia un grande piano per le piste ciclabili. Si mostra puntiglioso sulle grandi opere. Emblematico il caso della stazione Mediopadana dell’Ala velocità progettata dall’architetto Santiago Calatrava: quando scattano i soliti extracosti, Delrio s’impunta, facendo ingoiare al consorzio le spese aggiuntive. In serata ieri confessa: «Sono soddisfatto della fiducia, ma sono anche preoccupato per i numerosi dossier che dovrò affrontare». In primis l’Expo.

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