L’AQUILA L’accordo c’è nella sostanza, ma non nella forma: la risoluzione presentata dal centrodestra e Cinquestelle per fermare Ombrina Mare non passa. Troppi nel testo i riferimenti alle responsabilità dei governi di centrosinistra, perché la maggioranza guidata da D’Alfonso possa accettarli e, dall’altra, l’intrasingenza del centrodestra nel modificare il documento inserendo il riferimento alla realizzazione del Parco nazionale della Costa Teatina, così come aveva voluto il governatore, non permette di arrivare ad un documento congiunto. «Per quel che le risoluzioni valgono - spiegano lo stesso D’Alfonso e il sottosegretario Camillo D’Alessandro - noi dobbiamo parlare con gli atti e gli atti sono il riconoscimento del Parco».
DIFFICILE METTERSI D’ACCORDO
Facile a dirsi, più difficile mettere d’accordo sindaci e territori sui confini da tracciare. Intanto, però, «gli Ufo» si avvicinano alla costa adriatica: con il via libera dato nella conferenza dei servizi il 16 marzo scorso, appuntamento al quale la Regione Abruzzo non si è neanche presentata a causa dell’assenza coatta (perché agli arresti domiciliari) dell’ex dirigente Antonio Sorgi, le trivelle della norvegese Rockhopper, subentrata alla Medoilgas, hanno di fatto già un piede in acqua. Secondo il centrodestra è necessaria un’azione politica forte sul governo e sul ministro Gian Luca Galletti, anche perché «il Parco della Costa Teatina, qualora fosse realizzato - fa sapere Fabrizio Di Stefano, dopo la risposta del ministro al question time di ieri - non bloccherebbe in alcun modo Ombrina Mare o insediamenti ad esso similari. Il Pd abruzzese è stato sbugiardato dal suo ministro».
LA FRECCIATA DI CHIODI
L’occasione è ghiotta per l’ex Gianni Chiodi per elencare le contraddizioni del centrosinistra dal 2007 in poi: «Un progetto nato sotto un governo di centrosinistra e che era stato bloccato nel 2010 dal decreto Prestigiacomo che imponeva che gli insediamenti potessero farsi solo a 12 miglia dalla costa - spiega l’ex governatore - poi nel 2012 il governo Monti ha rimesso tutto in discussione e, mentre il consiglio regionale nel 2013 votava all’unanimità la contrarietà, il ministero dava parere positivo». Fino ad arrivare allo Sblocca Italia «votato dai parlamentari abruzzesi di centrodestra e centrosinistra - è il momento dei Cinquestelle - che di fatto concede alla battaglia la sola possibilità ora di bloccare i decreti attuativi». La pace apparente, in consiglio regionale, torna sulla vertenza PowerCrop, la centrale a biomasse di Celano la cui discussione in aula si conclude con l’approvazione all’unanimità di due risoluzioni da far confluire poi in un unico documento: impedire la costruzione della centrale per le sue pesanti ricadute sulle attività agricole del Fucino e dare priorità al reimpiego di 45 dei 107 ex lavoratori dello zuccherificio di Celano, che la centrale avrebbe dovuto riassorbire una volta in funzione. Un gioco che non vale la candela, tanto per operatori e amministratori del territorio, quanto per la Regione che, dopo il parere negativo in conferenza dei servizi, ha ribadito ieri il suo no alla «ciminiera» del Fucino.