«Pretendiamo più attenzione per il trasporto pubblico e rispetto per gli utenti che ne usufruiscono ». È questo il grido di dolore unanime lanciato ieri dai sindacati di categoria Filt Cgil, Fit Cisl, Uiltrasporti, Ugl autoferro e Cobas, denunciando l’immobilismo dell’amministrazione comunale pescarese di fronte ad infrastrutture e nodi viari, a detta degli operatori, abbandonati al degrado e resi poco funzionali. È il caso, innanzi tutto, del terminal bus di piazza della Repubblica considerato una terra di nessuno: «Le auto private - denunciano i sindacati, in una nota congiunta - continuano infatti a sfrecciare e parcheggiare, gratuitamente, all’interno del piazzale, così come continua il transito di scooter e moto tra i pedoni e gli autobus in sosta. La segnaletica verticale e orizzontale è inesistente, come pure le pensiline per i servizi extraurbani e l’uscita, lato stazione ferroviaria, con attraversamento costante di pedoni e di auto che escono dal parcheggio a pagamento è pericolosissima ». Problemi dei quali, dopo le elezioni, si era fatto carico il nuovo vice sindaco e assessore alla mobilità di Pescara Enzo Del Vecchio: «Tutto - contestano le sigle sindacali - sembrava si potesse realizzare, progetto alla mano, nell’arco di qualche mese. Ci venne assicurato che da lì a poco sarebbe partita lamessa in sicurezza e la realizzazione di un capolinea degno di nota, invece ad oggi non uno degli interventi proposti è stato portato a compimento». In effetti il progetto per la riqualificazione del terminal bus, costo di 280 mila euro, era stato già elaborato e, attualmente, giace ancora in attesa di approvazione e finanziamento della Regione. «In attesa del via libera e dei soldi - replica il vice sindaco Del Vecchio -, non si sa quando, ci siamo posti il problema di eseguire un riassetto sulla base delle risorse esigue in nostro possesso. Non abbiamo i 280 mila euro, ma una soluzione la troveremo a partire dalla regolamentazione del traffico proveniente da via Michelangelo, per evitare l’accesso delle automobili». Come dire, le promesse non costano.