Prima o poi Luciano D’Alfonso doveva trovare la sua porta stretta. Per un politico attraversare la porta stretta è fare le cose che elettoralmente non gli conviene fare. Per il governatore abruzzese significa innanzitutto portare a termine il commissariamento della Sanità, ammainando la bandiera dei territori, dove per decenni fare “buona sanità” ha voluto dire aprire ospedali inutili e costosi (erano 35 tra pubblici e privati all’inizio del piano di rientro) e soprattutto nominare primari. Il voto di giovedì in consiglio regionale sulla risoluzione contro la chiusura dei punti nascita, un voto che lo ha visto sconfitto per la spaccatura che si è verificata nel centrosinistra, è un segnale che arriva direttamente dalle urne. Su questa partita (che nel medio termine per D’Alfonso può essere vincente, si pensi solo alla questione delle tasse), il governatore che ha fatto dell’empatia con la gente comune la sua forza si gioca molto della propria popolarità. L’altra pratica spinosa da portare a termine è Ombrina. D’Alfonso è dichiaratamente contro la petrolizzazione, in sintonia questa volta con l’opinione pubblica. Peccato che non lo sia Matteo Renzi, che è il suo segretario, oltre a essere il capo del governo e che, in base allo SbloccaItalia, ha l’ultima parola sulle ricerche petrolifere. È facile prevedere che D’Alfonso non riuscirà a mettersi di traverso oltre un certo limite. Anche qui il governatore si gioca molto del suo consenso. Riuscirà Big Luciano a trovare la via d’uscita?