ROMA Martedì scorso c’era il Documento di economia e finanza «espansivo» annunciato dal ministro Padoan, che sfruttava i margini di flessibilità concessi dall’Unione europea per provare a spingere la crescita. Ieri il governo a provato a dare una veste un po’ più concreta a questo impianto programmatico, ma alla fine ha preferito rinviare alle prossime settimane la scelta su ulteriori eventuali interventi nell’anno in corso.
In ballo ci sono 1,6 miliardi, cifra non colossale se rapportata ai grandi numeri della finanza pubblica ma nemmeno esigua: equivalgono alla differenza tra un deficit tendenziale del 2,5 per cento del Pil (quello che si prevede per fine anno in assenza di nuove iniziative) e un obiettivo programmatico fissato invece al 2,6 per cento. In altre parole il governo allenta un pochino la disciplina di bilancio, per un importo pari appunto allo 0,1 per cento del prodotto ovvero 1,6 miliardi: scelta che si ritiene legittima in base alla nuova e più flessibile interpretazione delle regole che la commissione europea ha deciso di dare.
RIFORME STRUTTURALI
Questa disponibilità era già segnalata nelle bozze di documento che circolavano nei giorni scorsi: veniva precisato che la somma sarebbe stata destinata a «rafforzare l’attivazione delle riforme strutturali già avviate». Nelle dieci ore trascorse tra le 10 del mattino, momento nel quale era in calendario il Consiglio dei ministri, alle otto di sera quando poi si è effettivamente riunito, si è iniziato a ragionare sui possibili utilizzi concreti ma alla fine - come ha spiegato lo stesso premier Renzi in conferenza stampa - la scelta è stata di attendere ancora. Il presidente del Consiglio ha quindi avuto modo di ribadire quelli che secondo lui sono i tratti fondamentali del Def, che non essendo una legge rappresenta solo una «fotografia» della situazione in vista degli interventi autunnali: niente nuove tasse e sacrifici che non devono riguardare i cittadini ma piuttosto le strutture politiche e amministrative. Ad esempio le Regioni che possono ridurre il numero delle Province e delle Asl.
Dunque in attesa della decisione su eventuali interventi sul 2015, l’orizzonte fondamentale resta quello della prossima legge di Stabilità, con la quale l’esecutivo dovrà mettere insieme almeno dieci miliardi di risparmi di spesa (compresi proventi della revisione delle agevolazioni fiscali) per cancellare l’aumento dell’Iva che scatterebbe il prossimo anno. Nel Def sono indicati alcuni grandi capitoli: dal riordino delle società partecipate (per il quale bisognerà comunque attendere gli autonomi piani degli enti locali) al rafforzamento del processo di centralizzazione degli acquisti, dalla razionalizzazione della spesa sociale (con in prima linea le pensioni di invalidità) all’adozione dei costi standard.
CONTESTO FAVOREVOLE
Indubbiamente, il governo si può muovere in un contesto internazionale ben più favorevole: già nel 2015 la diminuzione dei tassi di interesse porta una dote di quasi 5 miliardi in termini di minori interessi sul debito. Vengono però fatte alcune scelte di prudenza: non solo sulle stime di crescita (che comunque devono restare basse anche per giustificare davanti alla Ue l’allungamento del percorso verso il pareggio di bilancio) ma anche, ad esempio, sulle privatizzazioni. I proventi attesi da questa voce scendono di quasi 20 miliardi, da un importo pari al 2,8 per cento del Pil in 4 anni a un più realistico ma sempre impegnativo 1,7.
Il Def dopo gli ultimi aggiustamenti è stato inviato ieri sera alle Camere, come prevede la legge. A Bruxelles arriverà invece a fine mese, in linea con il calendario europeo. Intanto il prossimo 21 aprile il Consiglio dei ministri dovrebbe approvare un primo gruppo di decreti attuativi della riforma fiscale, mentre gli altri dovrebbero ottenere il via libera nel mese di giugno.