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Data: 13/04/2015
Testata giornalistica: Il Messaggero
Caccia ai fondi per i precari. Cassa integrazione, stop abusi. Da coprire le eventuali maggiori uscite legate alla stabilizzazione dei contratti.

ROMA Via una clausola se ne troverà un’altra. O forse nessuna. Perché non è detto che i soldi non siano sufficienti. Dopo la marcia indietro sulla clausola di salvaguardia inserita nel decreto di riordino dei contratti con un contributo aggiuntivo a carico delle imprese, il governo ostenta assoluta tranquillità. Quella clausola «vale 16 milioni, figuriamoci se non la smontiamo, visto che stiamo studiando un Def dove ne smonteremo una da 16 miliardi per scongiurare l’aumento Iva» afferma il ministro del Lavoro, Giuliano Poletti, ospite di Maria Latella a Sky Tg24. Il quale poi ribadisce: «Le risorse sono largamente abbondanti». Insomma il tutto nasce da un eccesso di prudenza, casomai la norma sulla trasformazione di rapporti da precari in stabili dovesse avere più successo del previsto. Per ora il governo ha messo in conto - e finanziariamente coperto (16 milioni nel 2015, 52 nel 2016, 40 nel 2017, 28 nel 2018)- la conversione di 37.000 rapporti di collaborazione in contratti a tempo indeterminato. La salvaguardia - ricorda ancora Poletti - «viene introdotta quando ci sono previsioni incerte». E serve a fare in modo che le agevolazioni perdurino anche nel caso le domande superassero le previsioni. Se così fosse, in mancanza della clausola, infatti, il governo avrebbe due strade: o varare un nuovo provvedimento di rifinanziamento, oppure chiudere i rubinetti per cui chi arriva dopo rimane a secco. Intanto, si continua a lavorare sugli altri decreti attuativi del Jobs act. Ne mancano ancora quattro, compreso quello che dovrà riformare la cassa integrazione. Su quest’ultimo fronte Poletti ribadisce l’intenzione del governo di mettere la parola fine agli abusi. Sarà introdotto il principio per cui la cassa «sarà pagata di più dalle imprese che la usano di più».
UN MESE PER DECIDERE

Tornando alla clausola di salvaguardia per la conversione dei contratti di collaborazione, dal governo si fa filtrare che c’è tempo per decidere. Il decreto legislativo sul riordino dei contratti nel quale è contenuta la clausola da eliminare, è appena approdato in Parlamento. L’iter prevede 30 giorni di tempo per i necessari pareri e in questo mese si troverà una soluzione. «Prima della definitiva approvazione del provvedimento» la clausola «verrà superata» assicura Poletti.
Nel frattempo dal mercato del lavoro stanno per arrivare nuovi elementi che aiuteranno a capire se davvero serviranno più soldi. I primi dati davvero indicativi si avranno già fra una decina di giorni. Il 23-24 aprile, infatti, saranno resi noti i risultati su assunzioni e cessazioni del mese di marzo (il decreto che introduce il contratto a tutele crescenti è entrato in vigore il 7 marzo) e quindi si potrà iniziare ad avere un quadro un po’ più significativo dell’effetto combinato tra decontribuzione introdotta con la legge di Stabilità e novità del Jobs act. Dopo le polemiche sull’eccesso di entusiasmo da parte del governo per i dati del primo bimestre (79.000 nuovi contratti, soprattutto stabilizzazioni di contratti già esistenti per cui l’effetto sulla disoccupazione è stato nullo), la parola d’ordine ora è cautela. Ma non per questo l’ottimismo svanisce. «Ci sono segnali chiari sul mondo del lavoro, con una diminuzione dei contratti a tempo determinato e un aumento di quelli a tempo indeterminato. Aspettiamo i dati ma intanto sta diminuendo la precarietà» dice il ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan, al Tg1. Le opposizioni restano scettiche. E ricordano gli ultimi dati diffusi dall’Istat, in base ai quali si è scoperto che la differenza tra i rapporti di lavoro attivati nel primo bimestre 2015 e lo stesso periodo del 2014, è di soli 13 contratti in più. Poletti però non si scoraggia. «Sono sicuro che a marzo i numeri saranno molti, molti di più di 13 posti. Lo sono già di più» dice convinto.
GLI ALTRI DECRETI

Per l’esercizio delle deleghe del Jobs act il governo ha tempo fino al 10 giugno. Attualmente due decreti sono già in vigore: tutele crescenti, nuovi sussidi per i disoccupati (Naspi). Altri due sono appena approdati in Parlamento: riordino dei contratti, conciliazione tempi di vita e lavoro. Secondo il cronoprogramma del governo entro maggio saranno varati in via preliminare dal Consiglio dei ministri sia il decreto sulla semplificazione delle procedure e degli adempimenti, sia quello che istituisce l’Agenzia per l’attività ispettiva, organismo in cui dovrebbe confluire il personale dell’Inps, dell’Inail e dello stesso ministero del Lavoro (manca ancora l’accordo con i sindacati). Poi a giugno sono previsti i decreti sulle politiche attive e quello che riformerà la cassa integrazione.

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