TERAMO E’ con una consulenza affidata a un pool di esperti pescaresi che il pm Stefano Giovagnoni muove i primi passi nell’inchiesta per bancarotta sul fallimento della Sogesa. Nel fascicolo, aperto dopo un esposto presentato dagli attuali vertici del Cirsu, ci sono sette indagati tra cui il rettore Luciano D’Amico nella sua veste di ex presidente del consorzio rifiuti che raggruppa sei comuni teramani. Gli altri nomi sono ex vertici Cirsu ed ex Sogesa. L’attenzione di inquirenti e investigatori per ora si concentra sul fallimento Sogesa con l’obiettivo di ricostruire, anche attraverso l’acquisizione di atti, i tanti e complessi passaggi che nel 2012 portarono al tracollo della società, l’ex braccio operativo del Cirsu. Situazione per la quale l’attuale presidente del Cirsu Angelo Di Matteo ha presentato in procura l’esposto come atto di autotutela che chiama in causa le gestioni, tra il 2007 e il 2010, degli ex presidenti. Secondo l’accusa di Di Matteo, ribadita nel corso di una conferenza stampa tenuta a febbraio, ammonterebbe a circa 10 milioni il danno patrimoniale causato dalle passate gestioni del consorzio, in un periodo compreso dal 2007 al 2010. Nell’esposto Di Matteo ha tirato in ballo la Sogesa perché l'ex socio privato di quest'ultima, l'Abruzzo igiene ambiente (Aia, società del gruppo Deco e proprietaria del 49% della Sogesa), vanta nei confronti del consorzio un credito di 2.250.000 euro: tale debito, ufficialmente riconosciuto dal Cirsu, non è stato mai liquidato perché, sempre secondo le accuse di Di Matteo, il danno patito dal Cirsu sarebbe stato di gran lunga maggiore rispetto alla somma reclamata dall'Aia. La somma di 2 milioni e 250mila euro proviene dalla liquidazione del socio privato della Sogesa, società in seguito dichiarata fallita nel giugno del 2012, proprio dopo essere diventata totalmente pubblica. Successivamente al fallimento societario 53 dipendenti sono rimasti senza lavoro. D’Amico ha annunciato di aver dato mandato ai suoi legali di chiedere i danni a Di Matteo.