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Data: 16/04/2015
Testata giornalistica: Il Centro
In due facoltà esami soltanto in inglese. D’Amico: «Si parte con Scienze della comunicazione e Biotecnologie». Lezioni anche di professori in arrivo dall’estero

TERAMO L’università degli studi di Teramo – ateneo istituito nel 1993 – è una realtà in continua crescita. Conta cinque facoltà: giurisprudenza, scienze politiche, scienze della comunicazione, medicina veterinaria, bioscienze e tecnologie agro-alimentari e ambientali. Sedici sono i corsi di laurea, 10 i master di primo livello, 7 quelli di secondo livello e sei le scuole di specializzazione. L’ateneo si articola in due strutture: il campus universitario “Aurelio Saliceti” con una superficie totale di 50mila metri quadri e l’ospedale didattico veterinario universitario che una volta completato interesserà un’area di circa 100mila metri quadri. Il campus comprende il rettorato e le facoltà di giurisprudenza, scienze politiche, scienze della comunicazione, il biennio di veterinaria e il corso di laurea in biotecnologie,. Prossimamente ospiterà anche la facoltà di bioscienze attualmente situata a Mosciano. Nel campus gli studenti possono usufruire della mensa, dello studio televisivo, della radio di ateneo e di una sala per cinema e spettacoli. La popolazione universitaria è di circa 7mila studenti e nell’ultimo anno sono state 1.673 le matricole.TERAMO L'ateneo che guarda al mondo. L'università di Teramo punta tutto sull'internazionalizzazione. «L'obiettivo principale è inserire l'università in un contesto internazionale di ricerca e di formazione», questo è il leit motiv che ispira l’azione del rettore Luciano D'Amico. E per arrivare a questo bisogna muoversi su due direttrici: la mobilità degli studenti e dei docenti verso l'estero e l’utilizzo di una lingua condivisa, cioè l’inglese. In entrambi i casi sono importanti le borse lavoro, erogate in cambio dell'impegno lavorativo degli studenti nell'ateneo, le quali si sommano al contributo regionale. È così che lo studente avrà una cifra che si aggira sui 4.000 euro. Sono fondi importanti per consentire a tutti un’esperienza all’estero. «Vogliamo arrivare a far diventare l'Erasmus obbligatorio: è impensabile per i nostri laureati non avere un'esperienza all'estero e non possiamo accettare che l'istruzione universitaria venga circoscritta solo a chi ha le risorse per poterselo permettere», dichiara D’Amico. Il successo di questo meccanismo virtuoso è attestato dal raddoppio delle adesioni al progetto Erasmus nel 2014: grazie a questo l’ateneo ha ottenuto maggiori fondi, passati dai 60mila euro dell'anno precedente a 180mila di quest’anno. E non sono solo gli studenti a fare la valigia. Affinché si realizzi il processo di internazionalizzazione è necessaria anche la mobilità dei docenti, sia in entrata che in uscita, «per arricchire l'offerta formativa e dare agli studenti una prospettiva diversa di osservazione e di studio», spiega D’Amico. Il regolamento di attuazione di tale processo è stato da poco approvato in senato accademico. Ma la rivoluzione che avrà un maggiore impatto riguarda l'utilizzo di una lingua comune condivisa ed è così che il rettore annuncia: «Dal prossimo anno i due corsi magistrali di Scienze della comunicazione e di Biotecnologie della riproduzione avranno lezioni ed esami esclusivamente in inglese». Il rettore è consapevole che la novità susciterà sconcerto tra gli studenti, ma è altrettanto convinto che sia necessaria per il cambiamento. Tale progetto innovativo offrirà l'opportunità – fa notare il rettore – agli studenti di seguire lezioni sostenute da docenti stranieri di prestigio, di migliorare la conoscenza dell’inglese, indispensabile nel mondo del lavoro e di aiutare chi partecipa all’Erasmus nella comprensione delle lezioni. Secondo il rettore in definitiva «è l'unica possibilità per essere competitivi come università e come laureati». Una rivoluzione copernicana, dunque, possibile solo passando attraverso un processo di razionalizzazione, (sulle sedi, sull'offerta formativa, sulle unità di ricerca), «recuperando sacche di inefficienza che ci sono in tutte le amministrazioni, le quali non sono abituate a lavorare in termini di obiettivi conseguiti». Taglio dei costi volto all'investimento in operazioni strategiche. E strategici sono ritenuti accordi di collaborazione con altre università, un polo in cui si possa fare ottima ricerca e didattica di qualità. Questi partenariati avvengono tra gruppi di ricerca che svolgono progetti similari. Per D'Amico «un obiettivo è arrivare al riconoscimento di un titolo congiunto con un' università straniera, ma ciò comporta costi e una grande disponibilità dei docenti e degli studenti». Per i rapporti con le altre università regionali e non solo, il rettore afferma che è possibile arrivare a una federazione, ma più nell'immediato è auspicabile incentivare i poli di ricerca. Un esempio è la collaborazione tra l'università di Teramo e quella dell'Aquila nella facoltà di biotecnologie che ha già generato un dottorato. D'Amico sostiene: «andiamo verso una maggiore collaborazione partendo non dall'alto, ma dalla creazione di poli di ricerca dotati di massa critica in grado di reperire risorse».

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