ROMA Per consentire al governo di spendere subito le riforme del cosiddetto «tesoretto» spunta un escamotage tecnico. Siccome il miliardo e seicento milioni di euro che Palazzo Chigi ha intenzione di utilizzare per finanziare un provvedimento urgente a favore delle fasce più deboli della popolazione non è al momento ancora materialmente disponibile perché legato all’andamento presumibilmente migliore che il Pil avrà da qui alla fine dell’anno, il governo ha deciso di «congelare» nel bilancio pubblico una somma esattamente pari alla dote della crescita. Quando poi quest’ultima si sarà effettivamente materializzata, le somme utilizzate per finanziare il provvedimento sul welfare saranno restituite ai conti pubblici. Questa soluzione è emersa nella risoluzione di maggioranza al Def, il documento di economia e finanza, approvato ieri da Camera e Senato. La risoluzione impegna infatti il governo a «usare lo spazio di manovra» per «rafforzare l'implementazione delle riforme strutturali già avviate», senza tuttavia indicare in quale direzione precisa muoversi ma, aggiunge, «disponendo prudenzialmente, e in attesa di registrare tale margine con la presentazione del disegno di legge di assestamento, l'accantonamento di corrispondenti risorse nel bilancio dello Stato». Un meccanismo «momentaneo e di breve durata», spiegano dal Tesoro, che serve a rispettare le regole contabili e a garantire con «certezza» che si rispettano i saldi, fino a che «in sede di assestamento le risorse accantonate verranno sbloccate». Una questione tecnica, insomma, che, viene garantito sempre dal Tesoro, non avrà «alcuna ricaduta» sulla funzionalità della pubblica amministrazione. La mossa del governo, tuttavia, non è per niente piaciuta all’opposizione. Il capogruppo di Forza Italia Renato Brunetta, ha parlato senza mezzi termini di «ennesimo imbroglio» di una «infamia contabile» che «non si era mai vista prima». Blindato il tesoretto, resta aperta la questione della sua destinazione. La risoluzione al Def approvata ieri, come detto, parla genericamente di un rafforzamento delle riforme già avviate. Ma tra i punti del documento spunta anche la richiesta di confermare oltre il 2015 gli sgravi contributivi per i neo assunti. Lo sconto fino a 8.060 euro, come dimostrano gli ultimi dati sui contratti a tempo indeterminato, sta dando i suoi frutti. Ma lo sgravio è finanziato soltanto per quest’anno. L’ipotesi di prorogarlo anche al prossimo è già da tempo al centro del dibattito politico.
GLI ALTRI PUNTI
In realtà nel documento approvato da Camera e Senato, sono molti i «desiderata» che hanno trovato spazio nel testo finale e che possono contare anche su un consenso bipartisan in Parlamento: dall’introduzione di meccanismi di flessibilità in uscita in caso di pensionamento, alla revisione della local tax. Ma si chiede anche di fare attenzione con la spending review evitando di andare ad intaccare, per esempio, detrazioni considerate intoccabili come quelle sul lavoro dipendente o sulle pensioni.
Il Tesoro ha poi gettato acqua sul fuoco sull’ipotesi che i fondi del tesoretto alla fine debbano essere utilizzati per coprire vari buchi di bilancio che rischiano di aprirsi da qui alla fine dell’anno. A cominciare dagli oltre 700 milioni di euro che potrebbero venire a mancare nel caso in cui la Commissione Europea dovesse bocciare le norme sull’inversione contabile per l’Iva. Il dialogo con Bruxelles, hanno fatto sapere fonti del ministero, «è costruttivo» e «non risultano particolari problemi sulla valutazione delle misure previste dalla legge di stabilità». Parlando in aula, infine, il vice ministro all’Economia, Enrico Morando, ha sottolineato come le riforma vanno portate avanti «per trasformare la ripresina, per ora gracile, in stabile e duratura».