ROMA «Il paradosso italiano è che buona parte del sindacato perde iscritti ma aumentano i sindacatini. Ciò non riguarda la Fim, che cresce. Ma il modello sindacale italiano non può andare avanti così, ha bisogno di scelte radicali e rifondatrici. Dobbiamo accelerare anche perché il Testo Unico sulla rappresentanza firmato il 10 gennaio 2014 da Cgil, Cisl e Uil, propone proprio la semplificazione sindacale». Parola del segretario generale della Fim-Cisl, Marco Bentivogli, che - dopo il caso del blocco della metro di Roma e le indiscrezioni del Messaggero sulla possibile nascita di un sindacato unico in Fiat - delinea la strategia della sua organizzazione sul tema della ”riforma del sindacato”.
Bentivogli, lei da tempo sostiene la necessità di un nuovo polo sindacale.
«Oggi, per contare, c'è bisogno di fare massa critica e di un sindacalismo con meno poltrone e in grado di intercettare i giovani e i cambiamenti del mondo del lavoro che stanno sfuggendo al nostro monitor».
Cosa propone?
«Per capire cosa vogliamo fare va detto che in molti paesi il sindacato unico o modelli sindacali su due organizzazioni sono realtà consolidata. In Europa i sindacati dell'industria sono raggruppati in organizzazioni uniche. In Italia, noi metalmeccanici della Fim-Cisl entro il 2015 ci fonderemo con energia, tessili e chimici della Femca-Cisl».
E quindi?
«Quindi, senza presunzione, sia nell’industria che negli altri settori dobbiamo uscire da quel misto di provincialismo, corporativismo e cultura radical chic buona per la tivvù ma non negli uffici o nelle fabbriche che rischia di soffocare il sindacato».
Avvierete fusioni?
«Dobbiamo riflettere: le ragioni che nel dopoguerra hanno dato vita al pluralismo sindacale italiano sono ancora valide? Del resto anche Confindustria è chiamata a cambiare».
Il contratto Fiat farà da battistrada con la nascita di un maxi-sindacato Fim-Fismic?
«La proposta di una coalizione sindacale si rivolge a tutti i sindacati. In Fiat ce ne sono sette. Col Fismic si vedrà, ma non lo si può più giudicare come se fosse il sindacato aziendalista degli anni '50».
A proposito di "aziendalismo" il nuovo polo sindacale non corre il rischio di rincorrere Marchionne?
"Noi non siamo "pro-Marchionne". La nostra strategia, non da oggi, si basa su autonomia (da azienda, politica e istituzioni), responsabilità e partecipazione. Rivendichiamo partecipazione come l’IgMetall tedesca, l’Uaw Usa o l’IfMetall svedese. Senza partecipazione sindacale la rivoluzione di Marchionne rischia di restare a metà».