CHIETI C’è stato o no uno scambio di favori tra Di Primio e Monaco? Oppure è solo “sbadataggine” del sindaco ricandidato, come lui l’ha definita? L’inchiesta, attualissima, è quella dei pignoramenti bloccati ai Vip della politica. In cima alla lista c’è Umberto Di Primio. Non sono pochi 33 mila euro di Tarsu e multe stradali non pagate. Alle 9,30 di ieri gli uomini della squadra mobile di Pescara, delegati dal pubblico ministero Gennaro Varone, insieme alla Forestale per indagare sulla presunta truffa architettata da Gennaro Monaco, direttore della Soget e per ora unico indagato, hanno bussato alla porta della segretaria generale del Comune di Chieti, Celestina Labbadia. La domanda alla quale il magistrato, che fece arrestare D’alfonso, Cantagallo e Venturoni, cerca risposta è se esisteva o no un patto tra Monaco e Di Primio per bloccare il pignoramento notificato a maggio del 2014 a quest’ultimo. I quattro investigatori, scesi da una Mercedez scura e con in mano un decreto di acquisizione di atti, sono piombati in Comune con un tempismo da orologio svizzero, a un mese dalle elezioni. Campagna elettorale e inchiesta sulla truffa Soget, in cui spiccano nomi eccellenti e trasversali come Di Primio, Lorenzo Sospiri e Mario Mazzocca (nessuno dei quali è indagato), corrono quindi parallele. E l’atto di cui i poliziotti della Mobile del vicequestore Pierfrancesco Muriana andavano a caccia è la revoca della concessione alla Soget della riscossione dei tributi a Chieti. L’atto esiste e rappresenta - se preso singolarmente - un indizio a discarico di Di Primio. Se scambio di favori, come sospetta il pm, c’è stato non si è basato su un rapporto Soget–Comune, visto che la prima non ha ottenuto benefici che anzi gli sono stati revocati a favore della società partecipata Teate Servizi. Dopo il blitz in Comune, gli uomini inviati a Chieti da Varone, si sono recati nella sede di della Teate Servizi per acquisire atti e riscontri di quanto preso a palazzo di città. Una perquisizione negli uffici della Soget (dove è stato sequestrato il cellulare del direttore Monaco) ha invece permesso alla Procura di venire in possesso degli atti del pignoramento del quinto dello stipendio del sindaco Di Primio. Pignoramento revocato e poi riapplicato nel giro di sette mesi. In base a questi documenti gli investigatori hanno ricostruito i passaggi del «capitolo Di Primio» piccola parte di un’inchiesta vasta in cui il pm cerca di dimostrare “vantaggi ingiusti a contribuenti qualificati” attraverso di “pretestuose disposizioni di inesigibilità”. Il sospetto c’è anche perché nessuno dei politici che compaiono in un elenco sconfinato di oltre 500 contribuenti morosi o comunque inadempienti, versa in condizioni di indigenza. Nel caso del sindaco di Chieti, questi ricevette il primo pignoramento esattamente un anno fa. Dal cellulare sequestrato a Monaco risulta che, dopo quell’atto, tra il direttore della Soget e Di Primio ci siano stati diversi colloqui telefonici. Dallo stesso telefonino è stato anche prelevato un sms con cui il sindaco chiedeva Monaco di inviargli “la mail dove spedirgli la richiesta”. Di quale richiesta si trattava? Era quella di sospendere il pagamento per rateizzarlo e correggere un errore materiale riferito a una multa prescritta, come sostiene il sindaco? Oppure era una vera e propria richiesta di favore per bloccargli sine die il pignoramento? Per ora non c’è ancora la risposta. Sta di fatto che il 22 luglio del 2014, Di Primio si vede bloccare il suo pignoramento attraverso l’intervento di una terza persona, un funzionario della Soget che lui dice di non conoscere. Il pagamento viene annullato “senza alcun motivo che lo giustificasse”, così sostiene il pm Varone. Ma il pignoramento improvvisamente riappare 7 mesi dopo. É stato notificato in Comune al sindaco il 25 gennaio scorso (quindi in piena bufera per l’altra inchiesta sul Megalò 3 che lo vede indagato per corruzione). Dopo la prima perquisizione negli uffici della Soget che mise a conoscenza Monaco dell’inchiesta sui presunti favori ai Vip della politica.