Il governo apre il dossier rivalutazioni: l’obiettivo è applicare la sentenza della Consulta con il minor esborso per lo Stato.
ROMA Cinque volte il trattamento minimo Inps, ovvero 2.342 euro lordi al mese. Potrebbe essere questa la soglia intorno alla quale modulare un diverso schema di rivalutazione delle pensioni per il biennio 2012-2013, in modo da superare la censura della Corte costituzionale. In realtà il governo inizierà a lavorare solo oggi sul dossier perequazione, che si è materializzato giovedì scorso in seguito alla sentenza della Corte costituzionale sull’articolo 24, comma 25 del decreto legge salva-Italia. Toccherà al ministero del Lavoro insieme all’Inps delineare le soluzioni tecniche possibili, con la collaborazione del Tesoro cui spetta verificare gli effetti sulla spesa. Ma il tema verrà naturalmente discusso anche con Palazzo Chigi, e con tutta probabilità sarà il premier a scegliere l’opzione finale.
I vincoli da tenere presenti sono più di uno. Da una parte c’è sicuramente quello finanziario: la botta per le casse dello Stato è forte e quindi si tenta di ridurne l’entità complessiva ed anche di renderne graduale l’impatto prevedendo eventualmente una restituzione a rate degli importi a suo tempo non corrisposti. Ma non va sottovalutato l’aspetto politico di tutta la faccenda; il governo non può permettersi di dare l’idea di aggirare in qualche modo il pronunciamento dei giudici (ammesso che ciò sia possibile) per di più su una materia tanto sensibile.
LE INDICAZIONI DEI GIUDICI
Se dunque prevarrà l’idea di limitare in qualche modo i danni, evitando di dover rinunciare a tutti i risparmi a suo tempo preventivati dal governo Monti (quasi cinque miliardi per il biennio in questione, più circa tre miliardi l’anno per i successivi), l’asticella sarà comunque spostata più in alto, in modo da garantire quei redditi bassi e medi che la Corte ha indicato come vittime di una violazione costituzionale. È possibile ad esempio che la soglia di tre volte il minimo Inps (1.405 euro lordi al mese ai valori del 2011) passi a cinque volte, ovvero 2.342 euro: al di sotto recupero pieno o quasi dell’inflazione, al di sopra rivalutazione minima o anche nulla. Ma non è l’unica opzione: il governo potrebbe rivedere anche il meccanismo di perequazione, tornando a quello per cui il taglio degli aumenti viene applicato non sull’intero trattamento pensionistico ma per fasce di reddito. In questo modo verrebbe garantita una qualche tutela anche alle pensioni più alte. Alla rivalutazione per fasce ha fatto riferimento esplicito anche la sentenza della Consulta.
Del resto quando sotto l’onda dell’emergenza finanziaria il governo Monti decise di applicare un blocco drastico degli aumenti, vigeva già una loro limitazione, decisa con il decreto legge approvato dal governo Berlusconi nell’estate del 2011. Una volta cancellata la norma dichiarata incostituzionale, si tornerebbe a quello schema, che prevedeva una rivalutazione quasi totale per i trattamenti fino a cinque volte il minimo e solo al 70 per cento - per la quota di pensione al di sotto dei 1.405 euro al mese - al di sopra della stessa soglia.