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Pescara, 24/11/2024
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05/05/2015
Il Centro
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L’Italicum ora è legge ma senza opposizioni. Il premier e Boschi: «Promessa rispettata, porterà stabilità e chiarezza». Bersani e minoranza Pd votano «no», oltre 200 deputati non partecipano. In vigore da luglio 2016. Vince chi ottiene il 40%
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ROMA L’Italicum, fortemente voluto da Matteo Renzi e duramente osteggiato dalle opposizioni e da una parte della minoranza del Pd, è legge dello Stato. Con 334 voti a favore e 61 contrari l’Aula di Montecitorio ha infatti approvato ieri a voto segreto (come chiesto da Forza Italia) la nuova legge elettorale che sostituirà il Porcellum. Il fronte della minoranza Pd contraria all’Italicum cresce di una decina di deputati. Il via libera definitivo è comunque arrivato in un’Aula mezza vuota, con le opposizioni che hanno scelto l’Aventino. Non c’erano i berlusconiani ma neanche la Lega, Fratelli d’Italia, Movimento 5 Stelle e Sel. Tutti fuori per non fare da “sponda” alla maggioranza ma anche per evitare che a qualcuno potesse venire la voglia di andare in soccorso di Renzi. L’opposizione ha scelto di non partecipare al voto mentre alcuni deputati della minoranza Pd, tra cui Bersani, Cuperlo, Bindi, Fassina e D’Attorre, sono rimasti in Aula e hanno votato no per rendere evidente e inequivocabile il dissenso. Quel che è certo è che alla maggioranza sono mancati 50-60 voti. Matteo Renzi, però, non si fa rovinare la festa e un minuto dopo l’approvazione affida a Twitter il suo primo entusiastico commento. «Impegno mantenuto, promessa rispettata. L’Italia ha bisogno di chi non dice sempre no. Avanti con umiltà e coraggio #lavoltabuona» scrive il premier, che in mattinata sottolinea i pregi dell’Italicum: «La nuova legge elettorale ha un grande elemento di chiarezza. Per cinque anni sarà chiaro il governo, chi vince. Ci sarà un sistema nel quale il nostro paese potrà finalmente essere punto di riferimento per stabilità politica, che è la precondizione per l’innovazione economica». Ad esultare è soprattutto Maria Elena Boschi, che dopo i baci e gli abbracci scambiati con i deputati della maggioranza, non riesce a trattenere la gioia: «Missione compiuta. Il governo mantiene l’impegno preso coni cittadini ». Poi, ospite di “Otto e mezzo, il ministro delle Riforme si dice convinta che Mattarella «firmerà la legge» e rifiuta l’idea che la “vecchia guardia del Pd” abbia dichiarato guerra all’Italicum: «La vecchia guardia dei nostri iscritti è con noi, vuole questa legge elettorale. Forse è la vecchia guardia in Parlamento a non volerla...» ”Soddisfatto è anche il Nuovo Centrodestra. Angelino Alfano parla di una «buona legge» e pazienza se Nunzia De Girolamo ha votato no. Renzi incassa un prezioso risultato anche se nel Pd il malumore aumenta. «Sessantuno voti contrari all’Italicum sono un dissenso abbastanza ampio. C’è un dato politico di cui tenere conto» taglia corto Pier Luigi Bersani, che ai giornalisti che gli chiedono cosa accadrà adesso, risponde secco: «Cosa fatta, capo ha...». «Amarezza» per la Camera mezza vuota viene espressa anche da Roberto Speranza (Pd) mentre Nicola Fratoianni (Sel) parla di «pessima legge». I più arrabbiati sono gli esponenti di Forza Italia, che sulla scelta aventiniana per l’ok finale all’Italicum hanno perso per strada qualche pezzo. L’unico a votare contro è stato il fittiano, Raffaele Romano. A dichiarare guerra alla legge elettorale è anche il M5S, che avrebbe preferito restare in Aula e votare contro. Danilo Toninelli ha rivolto un appello affinché il capo dello Stato non firmi la legge. Quanto alla minoranza del Pd, i vertici del partito provano a gettare acqua sul fuoco. «I voti contrari non sono tutti del Pd e comunque non è un elemento che allarma. Abbiamo ottenuto la maggioranza assoluta dei voti alla Camera» dice il vicesegrertario dem, Lorenzo Guerini. Allarme no ma preoccupazione, sì. E il presidente del Pd, Matteo Orfini, non lo nasconde: «L’Italia ha una nuova legge elettorale grazie al Pd. Ma il dissenso interno è pesante e ora bisogna lavorare per recuperare, partendo dalla “apertura” fatta da Matteo Renzi sulla riforma del Senato». Chi non si rassegna è certamente Renato Brunetta (Fi): «L’Italicum è una violenza alla democrazia del nostro paese. E Mattarella la rinvierà alle Camere per manifesta incostituzionalità».
In vigore da luglio 2016. Vince chi ottiene il 40% Il nuovo sistema elettorale: se nessuno raggiunge la soglia si va al ballottaggio. Nei 100 collegi capilista predeterminati. Sbarramento fissato al 3 per cento
ROMA Ora che l’Italicum è legge vediamo in dettaglio cosa prevede. E partiamo innanzitutto da due precisazioni. La nuova legge elettorale è “congelata” per un anno, potrà essere sfruttata solo a partire da luglio 2016, come previsto da una norma inserita per garantire i parlamentari che dietro l’accelerazione impressa da Renzi all’iter parlamentare paventavano il rischio di elezioni anticipate subito. Ovviamente la motivazione formale per la quale la legge elettorale è stata congelata non è questa, ma la necessità di dare il tempo alle riforme del Senato di andare in porto. La seconda è che l’Italicum entrerà in vigore solo per la elezione dei deputati, visto che il Senato elettivo, così prevede la riforma costituzionale che ora dovrà passare a palazzo Madama, sarà abolito. Sull’Italicum inoltre c’è l’incognita della Corte Costituzionale. Il Porcellum, la legge elettorale con la quale sono stati eletti tre Parlamenti compreso quello attuale, è stato dichiarato incostituzionale dalla Corte nel dicembre del 2013 per via delle liste bloccate e del premio di maggioranza. Motivi per i quali diverse forze politiche e alcuni costituzionalisti ritengono che anche l’Italicum potrebbe non passare all’attento vaglio dei togati della Corte. Premio di maggioranza. Il partito che vince le elezioni ottiene sempre e comunque il 55 % dei seggi alla Camera, una netta maggioranza. Per conquistare il premio di maggioranza è necessario ottenere almeno il 40% dei consensi. Se però nessun partito raggiunge la soglia del 40% si va al secondo turno, in cui si ripresentano i partiti che hanno ottenuto più voti al primo. Tra il primo e secondo turno non è prevista nessuna forma di apparentamento tra le liste. Chi vince il ballottaggio ottiene in ogni caso sempre il 55% dei seggi, pari a 340 deputati. I restanti 290 seggi della Camera saranno spartiti proporzionalmente tra i partiti che hanno ottenuto l’ingresso in Parlamento. Soglia e collegi. La soglia di sbarramento per liste è fissata al 3% su base nazionale. E’ dunque probabile che si avveri la profezia di Rosy Bindi di un’opposizione divisa in tanti nanetti. Più complicata la faccenda delle preferenze. Il territorio nazionale viene suddiviso in venti circoscrizioni, corrispondenti alle regioni che vengono a loro volta ripartite in 100 collegi plurinominali. Ogni collegio si vedrà attributo un numero di seggi che va tre a nove. I collegi saranno disegnati successivamente da un decreto legislativo del governo che dovrà esser emanato entro 90 giorni dall’entrata in vigore della legge. Il sistema, dice il governo, mescola capolista bloccati e preferenze. I capilista. Nei 100 collegi i capilista sono però predeterminati, cioè scelti dalle segreterie di partiti, mentre dalla seconda posizione in giù si vota con le preferenze, quindi è possibile per l’elettore segnare il nome del candidato che si intende votare. Tuttavia il meccanismo prevede che lo stesso candidato capolista possa presentarsi in più di un collegio, fino a un massimo di dieci, una norma studiata ad hoc per dare un paracadute ai leader dei partiti minori che se sbagliassero il collegio resterebbero fuori dal Parlamento. Per favorire la parità di genere in ogni circoscrizione i capilista dello stesso sesso non possono superare il 6 per cento. Ogni elettore potrà esprimere fino a due preferenze tra quelli che non sono capilista ma di sesso diverso. Voto all’estero. Tra le novità introdotte dall’Italicum da segnalare l’accoglimento del cosiddetto «emendamento Erasmus». È stata infatti introdotta la possibilità di votare per corrispondenza nelle circoscrizione estere non solo per chi risiede stabilmente fuori ma anche per chi vi si trovi da almeno tre mesi per motivi di studio, di lavoro o per cure mediche.
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