PESCARA I punti nascita sotto il livello di 500 parti l’anno vanno chiusi perché insicuri per la madre e il nascituro. Anzi, la Regione si presenta «in ritardo» rispetto agli adempimenti previsti dalle linee di azione dell’accordo Stato-Regioni. Lo scrive l’Agenas, l’Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali, in risposta alla richiesta inoltra dal commissario Luciano D’Alfonso e dall’assessore alla Sanità Silvio Paolucci di una verifica tecnica del decreto commissariale dell’11 febbraio scorso che riduce da 12 a 8 i punti nascita negli ospedali abruzzesi, decretando la chiusura di Ortona, Penne, Atri e Sulmona. Un adempimento obbligatorio per l’uscita dell’Abruzzo dal commissariamento. La collaborazione con l’Agenas era stata chiesta dalla Regione in particolare per il punto nascita di Sulmona, contro la cui chiusura è ancora in corso una forte mobilitazione di comitati cittadini, sindacati e Comune (vedi servizio di lato). Ma anche in questo caso l’Agenas non offre vie d’uscita. L’Agenzia ha in particolare verificato i tempi di percorrenza dai comuni che oggi si riferiscono ai punti nascita di Ortona, Atri, Penne e Sulmona verso agli hub e spoke della rete perinatale programmata dal decreto (uno degli argomenti portati avanti dai comitati), riscontrando che «non emergono particolari criticità», se non «la necessità di porre una maggiore attenzione per i Comuni montani» che hanno come riferimento l’ospedale di Sulmona» (ad esempio Roccaraso e Castel di Sangro). I tempi di percorrenza vanno da un minimo di 30 minuti a un massimo di 90 minuti, con un aumento dei tempi prevedibile solo per i territori montani. Per l’Agenas la soluzione più adeguata non è mantenere aperto il punto nascita, ma «rafforzare il territorio» tramite il 118 e anche attraverso l’istituzione di una elisuperficie adatta al volo notturno». In questo caso i tempi di percorrenza si abbasserebbero tra i 15/30 minuti e i 30/60 minuti per i territori montani. La posizione dell’Agenas viene rafforzata anche da un’analisi della domanda dei parti a Sulmona che l’Agenzia giudica insufficiente (286) e in costante diminuzione, con una alta percentuale di ricorso al parto cesareo. L’Agenzia ricorda anche la necessità per la Regione di organizzare la rete del trasporto neonatale (Sten e Stam) e di riorganizzare la rete emergenza-urgenza, comunque già in itinere in ossequio alle prescrizioni del tavolo romano di monitoraggio. La chiusura dei quattro punti nascita potrebbe essere l’atto conclusivo di questa stagione commissariale, ma non della riorganizzazione della rete neonatale. L’Agenas ricorda infatti che la Regione, in base al decreto Balduzzi del 2010, non ha il bacino d’utenza per mantenere le attuali tre Unità operative di Ostetricia di II livello (L’Aquila, Chieti, Pescara) con annesse tre Unità operative di terapia intensiva neonatale. «La regione, con 10.256 nati nel 2013», scrive l’Agenas, «trova giusto dimensionamento in massimo 2 Uo di Ostetricia di II livello con un massimo di 2 Uo di Terapia intensiva neonatale (Tin)», mentre le culle di Tin dovrebbero essere 1 ogni 750 nati. La riorganizzazione prevista sarebbe dunque ancora sovradimensionata. Un giudizio che non esclude un ritocco futuro della stessa rete superstite dei punti nascita. Poiché la soglia dei 500 è una deroga concessa per esigenze geografiche, che in base a future verifiche il legislatore potrebbe ritenere non più congruente.