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Pescara, 24/11/2024
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Data: 11/05/2015
Testata giornalistica: Il Messaggero
Pensioni, rimborsi a giugno. Faro Ue sui costi per lo Stato. Lente sugli effetti della sentenza per l’Italia, flessibilità a rischio Ma il Tesoro rassicura, deficit fermo al 2,6%. Venerdì il decreto.

ROMA L’aumento delle pensioni superiori a 1.500 euro lordi al mese, legato al recupero dell’inflazione, potrebbe arrivare tra giugno e luglio. Per il governo, almeno al momento, sarebbe un obiettivo politico. Su cui incombono ancora alcuni nodi tecnici da sciogliere, a cominciare dai tempi di cui l’Inps avrà bisogno per adeguare i sistemi e disporre il pagamento dei nuovi importi. Ma il governo ormai ha deciso di dare una forte accelerazione alla soluzione del problema aperto dalla sentenza con la quale la Corte Costituzionale ha bocciato il blocco delle pensioni disposto dal governo Monti. Come ha annunciato ieri in un’intervista al Messaggero il ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan, già questa settimana sul tavolo del consiglio dei ministri arriverà un decreto che introdurrà dei rimborsi «selettivi» in grado di assicurare la «progressività» e la «temporaneità» richieste dalla Consulta.
Un’accelerazione imposta anche dalla reazione europea alla decisione dei supremi giudici italiani. Bruxelles, che dopodomani renderà noti i suoi giudizi sulle finanze dei Paesi dell’Unione, metterà l’Italia sotto monitoraggio per gli effetti sui conti della sentenza sulle pensioni. All’impatto sui conti dello Stato sarà legata anche la possibilità per Roma di utilizzare gli spazi di flessibilità. Una questione che preoccupa il governo fino ad un certo punto. «Lavoreremo per rispettare sia la sentenza che gli impegni verso i partner europei», hanno fatto sapere fonti del Tesoro.
I NUMERI. Il decreto del governo, come ha spiegato Padoan, sarà sostanzialmente coerente con le indicazioni contenute nel Def e per finanziare il provvedimento verrà utilizzato il tesoretto da 1,6 miliardi già blindato nel documento di finanza. In realtà l’intenzione del governo sarebbe di dedicare alla indicizzazione delle pensioni anche altre risorse da trovare all’interno del bilancio dello Stato facendo salire la cifra. Fino a che punto? Secondo le simulazioni per dare una risposta adeguata servirebbero almeno 4 miliardi di euro. La soluzione, comunque, potrebbe anche avvenire in due tempi: pagare da subito le pensioni adeguate all’inflazione e rimandare invece alla legge di Stabilità la liquidazione degli arretrati. L’altro elemento di cui ha parlato Padoan è quello della «temporaneità» della misura. La rivalutazione parziale introdotta dal governo Letta, e che prevede una rivalutazione piena fino a 1.500 euro al mese, al 95% tra 1.500 e 2000 euro, al 75% tra 2.500 e 3.000 euro, al 50% tra 3.000 e 3.500 e al 40% oltre, vale per il momento per soli tre anni: il 2014, il 2015 e il 2016. I nuovi criteri di indicizzazioni «selettivi» e per «fasce» di pensione, potrebbero essere allungati fino al 2018, anno dopo il quale l’indicizzazione sarebbe destinata a tornare piena per tutti.
«Apprezziamo che il ministro Padoan, nell'intervista rilasciata oggi al Messaggero, condivida la posizione da noi già tracciata la scorsa settimana sulla gradualità dei rimborsi rispetto alle pensioni di ammontare più elevato», ha spiegato in una nota Scelta Civica, il partito guidato dal sottosegretario all’Economia Enrico Zanetti. «Per le stesse ragioni di equità», aggiunge la nota, «rilanciamo con forza l'esigenza di tener conto - nei criteri che il Governo riterrà di adottare - anche dei reali anni di contributi versati da ogni pensionato».


L’irritazione di Palazzo Chigi «Non ci faremo dettare la linea» Renzi ha ribadito che tutti gli impegni sul fronte economico saranno rispettati. L’esecutivo vuole prendere più tempo prima di varare misure sulla previdenza.

IL RETROSCENA
ROMA «Rispetteremo tutti gli impegni presi con l’Europa. Ci aspettiamo che anche l’Europa lo faccia». Matteo Renzi non ha fretta e tantomeno vuole farsi imporre da Bruxelles l’agenda di politica economica. E’ per questo che ieri sera, per frenare il crescente tam tam suonato da Bruxelles, il ministero dell’Economia - su richiesta di palazzo Chigi - ha ribadito che «l'Italia rispetterà il programma finanziario indicato nel Def, a cominciare dal deficit, che nel 2015 sarà al 2,6% come indicato nel quadro programmatico».
SOSTENIBILITA’ Punto e basta. Almeno per palazzo Chigi che non sembra preoccuparsi più di tanto delle voci secondo le quali nelle raccomandazioni di mercoledì, la Commissione metterà l'Italia sotto ”monitoraggio” per capire l'impatto quantitativo della decisione della Corte Costituzionale sulle pensioni. La ”grana-pensioni” è sul tavolo del presidente del Consiglio insieme alle proposte avanzate dal ministro Padoan per ridurre l’impatto sui conti pubblici. L’intero pacchetto, arretrati compresi, sarebbe in grado di svuotare attuali e futuri tesoretti. A preoccupare non sono infatti solo gli eventuali arretrati, quanto la sostenibilità futura di assegni pensionistici a volte generosi perché fuori da ogni logica contributiva.
Prima di decidere eventuali interventi strutturali, Renzi vuole vederci chiaro per non ripetere gli errori dei governi precedenti. «Abbiamo scoperto ex post come nei governi tecnici ci fosse una discreta quantità di pippe», ha sostenuto qualche giorno fa il presidente del Pd Matteo Orfini. Un modo - poco gradito dai diretti interessati - per segnare di nuovo la discontinuità rispetto ad un governo politico come l’attuale e ricordare che il governo Monti-Fornero era sostenuto da una maggioranza che andava dal Pd a Forza Italia.
Eppure il pressing dell’Europa impone al governo di intervenire subito e lo farà nel consiglio dei ministri di venerdì durante il quale, per decreto, verrà affrontata la questione cercando di mettere insieme la pronuncia della Consulta con i vincoli di bilancio. Sul piatto c’è l’uso della flessibilità che la Commissione intende concedere vista la particolare congiuntura economica, ma a patto che venga disinnescata la bomba-pensioni. Renzi di quella flessibilità ha bisogno ma per fermare gli effetti della sentenza della Consulta, come chiede Bruxelles, ha bisogno di un decreto che spalmi il rimborso nel tempo e moduli l’entità degli aumenti in modo inversamente proporzionale all’importo delle pensioni.
Tutto ciò deve, per Renzi, avvenire limitando il più possibile l’impatto sulle pensioni più basse in modo da evitare che l’argomento diventi oggetto della campagna elettorale in corso. A fine mese più di cinque milioni di pensionati dovranno recarsi ai seggi ed è per questo che il premier avrebbe preferito far slittare la decisione a dopo la consultazione anche per evitare di dover subire gli effetti negativi della sentenza della Consulta che - secondo alcuni - ripristina un ”diritto” senza però tener conto dell’articolo 81 della Costituzione. Una volta messa la classica ”toppa” su una delle scelte di finanza pubblica più discusse del governo tecnico e distribuite le responsabilità secondo le quote dei partiti che sostennero il governo, Renzi tornerà a spingere sul pacchetto di riforme che intende portare a casa prima della pausa estiva. In testa c’è la riforma della scuola, attualmente in discussione alla Camera. A seguire la riforma della pubblica amministrazione messa a punto dal ministro Madia e licenziata ad aprile dal Senato. Infine il terzo passaggio della riforma costituzionale che dovrebbe consumarsi a palazzo Madama e sulla quale il ministro Boschi sta già lavorando ad alcune modifiche.
TENSIONI La tabella di marcia del governo continua ad essere serratissima e per Renzi rappresenta il primo argomento da utilizzare nella campagna elettorale per le regionali. Incassato l’Italicum e in attesa dei dati dell’Istat di dopodomani che dovrebbero raccontare un Paese fuori dalla recessione, Renzi ha bisogno di spuntare il 31 maggio una vittoria tonda strappando all’opposizione una delle regioni attualmente governate dal centrodestra. L’obiettivo è quello di una vittoria per sei a uno che permetterebbe al premier di poter approfittare delle già evidenti tensioni dentro Forza Italia in modo da far passare al Senato la riforma costituzionale.
Renzi considera infatti il completamento delle riforme costituzionali molto più importante di qualunque riforma economica che peraltro nell’attuale Parlamento, sarebbe molto difficile far passare. E’ per questo che, disinnescata la grana delle pensioni, il tema dell’abolizione del Senato e della riduzione dei costi della politica tornerà ad essere il perno dell’azione del governo.

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