ROMA Avanzano le assunzioni a tempo indeterminato: nel primo trimestre di quest’anno sono diventate il 35% del totale dei nuovi rapporti di lavoro attivati (escluse le trasformazioni), contro il 29,5% dello stesso periodo dello scorso anno. Un recupero di 4 punti e mezzo, che in termini assoluti significa 91.000 contratti a tempo indeterminato in più. È l’effetto decontribuzione previsto dalla legge di stabilità del governo Renzi e partito a gennaio scorso, combinato con il nuovo contratto a tutele crescenti del Jobs act in vigore dagli inizi di marzo. Non solo: secondo gli ultimi dati diffusi dall’Inps che si basano sulle comunicazioni obbligatorie, il confronto tra gennaio-marzo 2015 e lo stesso periodo del 2014, mostra un aumento delle assunzioni complessive (quasi 50.000 in più, compresi contratti a termine e apprendisti) e una diminuzione delle cessazioni (circa 135.000 in meno). Ce n’è abbastanza per far esultare governo e schieramenti politici che lo appoggiano. Con il premier su tutti: «La macchina è finalmente ripartita».
Eppure restano gli scettici. Occorre stare attenti - dicono - all’effetto “doping”: la decontribuzione infatti vale per tre anni ma solo per le assunzioni effettuate nel 2015 (in questo trimestre ne hanno usufruito 267.00 contratti, di cui 115.000 solo a marzo). E così c’è chi teme che dal prossimo anno possa verificarsi una sorta di stallo dell’occupazione quando gli sgravi verranno a mancare o, peggio, un “prendi i soldi e fuggi” con nuove ondate di licenziamenti approfittando delle norme del Jobs act. La Cgil fa da capofila alla schiera degli scettici: «Non ci troviamo di fronte ad una vera svolta, ma ad un grande regalo alle imprese e a meno diritti per i lavoratori». Meno critici Cisl e Uil: Annamaria Furlan, leader del sindacato di via Po, commenta positivamente i dati ma chiede che gli sgravi restino per il 2016; anche Carmelo Barbagallo, che guida l’organizzazione di via Lucullo, si dice «contento dei dati» ma ricorda «la riduzione delle tutele».
Il governo, oltre ai numeri assoluti, si concentra sulla “qualità” dei nuovi rapporti di lavoro. «Dopo cinque anni di crollo costante, tornano a crescere gli occupati. Il fatto che molti di questi contratti siano agevolati dalle misure del Jobs act - argomenta Renzi sulla sua pagina Facebook - è sicuramente un fatto positivo». Regolarizzazioni e stabilizzazioni? «Era proprio quello che volevamo» replica. E aggiunge: «Non è la stessa cosa per un precario vedere trasformato il proprio contratto a tutele crescenti: è una svolta, perché significa un mutuo, le ferie, la maternità». A sua volta il ministro del Lavoro, Giuliano Poletti (nella foto), osserva: «Fino a sei mesi fa la precarietà era un dramma sociale che andava combattuto. Adesso se trasformi 100 mila contratti da precari a stabili non conta niente».
Al di là dei trionfalismi o delle critiche a ogni costo, non c’è dubbio che i dati mostrano un trend del mercato del lavoro in miglioramento.
LE CIFRE
Il saldo tra attivazioni e cessazioni, nel primo trimestre 2015, è positivo per 319.873 (più del doppio rispetto ai 134.000 dello stesso periodo del 2014). E sono sempre di più i datori di lavoro che scelgono di assumere a tempo indeterminato: 470.785 (+24,1%) ai quali si aggiungono 149.041 trasformazioni (di rapporti a termine e di apprendisti), arrivando quindi a un totale di 619.826 (41,8% del complesso delle attivazioni nel periodo contro il 36,6% nel 2014). E visto che le cessazioni sono state 416.675, la variazione netta per questa tipologia di assunzioni è stata - sottolinea l'Inps - di 203.151 unità. In discesa invece le assunzioni a termine (-32.000) che in ogni caso rappresentano la fetta più grande di nuovi contratti (812.000) e i nuovi apprendisti: 50.380 attivazioni, oltre 9.000 in meno rispetto allo stesso periodo del 2014.