ROMA «Caro Gaetano comprendo la rabbia degli abilitati Tfa. Questo governo sta cercando di risolvere problemi aperti decenni fa». È Matteo Renzi che twitta rivolgendosi ad un insegnante destinato a rimanere fuori dal piano assunzioni. Dà l’immagine di un premier che cerca democraticamente, anche sul piano personale un dialogo con il mondo della scuola. Scherza con chi lo paragona al Gianni Morandi, presenzialista dei social network: «Lui è più bravo e più paziente di me!». Ma censura gli insulti. A chi lo attacca («Lei non comprende nulla!»), replica: «Ho stima della funzione dei professori per pensare che possano insultare come fa lei».
Fin qui il Renzi twittante. Ma da qui a dire che da web e dialogo siano scaturiti finora risultati concreti ce ne corre. Nell’incontro di ieri a palazzo Chigi sindacati e governo hanno parlato due lingue diverse. Dopo lo sciopero del 5 maggio, reiterato ieri con il boicottaggio delle prove Invalsi, prende sempre più corpo la possibilità di un blocco degli scrutini. Lo minacciano lo Snals e i Cobas. E non lo esclude la Cgil dopo il colloquio a muso duro con la delegazione dell’esecutivo composta dai ministri Boschi, Delrio, Madia, Giannini e dal sottosegretario alla presidenza del Consiglio De Vincenti.
PISTOLA PUNTATA
«Ora è tutta nel governo la responsabilità di decidere se con quel mondo vuol condividere le risposte o se tirare dritto», rimanda la palla nell’altra metà campo la leader Cgil Susanna Camusso. Mentre Angelino Alfano, leader Ncd, invita i suoi alleati di governo a tenere duro e a «non cedere ai sindacati». La partita ha preso una brutta piega. Le modifiche apportate al testo licenziato sabato scorso dalla commissione Cultura della Camera - che ha ottenuto ieri il via libera della commissione Affari costituzionali - non hanno soddisfatto i sindacati. «È come se avessimo la pistola puntata alla testa», è la metafora guerriera usata da Carmelo Barbagallo (Uil) che bolla come «insoddisfacenti» le proposte del governo. Distribuzione delle risorse, precari, ruolo dei dirigenti scolastici: il sindacato contesta l’intero impianto della riforma. Un improbabile punto di mediazione è rimandato ad un incontro con il ministro Giannini.
CISL MENO CRITICA
Meno critica la posizione del segretario generale Cisl Anna Maria Furlan che ha dato atto al governo di «avere un atteggiamento di ascolto» e ha sottolineato come il testo possa essere modificato al Senato (è prevista durante l’iter un’audizione, un passaggio che però non ha convinto la Camusso).
A innervosire - e non poco - il tavolo di palazzo Chigi era stato lo sciopero della mattina contro gli Invalsi giudicato dal sottosegretario all’Istruzione Davide Faraone «inaccettabile» e criticato in modo aspro anche dal ministro Giannini, «così si specula sul futuro degli studenti». Il sindacato chiede atti concreti. Un passo indietro sul preside manager, sui bonus, sul 5 x mille. Critiche anche al piano assunzioni che pure dovrebbe portare all’immissione in ruolo di 160 mila docenti nel triennio. Chi vorrebbe andare alla prova muscolare è Piero Bernocchi, leader storico dei Cobas. Chiede il blocco degli scrutini, propone una manifestazione nazionale domenica 7 giugno contro il «governo che vorrebbe andare avanti come un treno mostrando un’arroganza sbalorditiva». Al tavolo della sala Verde erano sedute ben 15 sigle (troppe secondo la Camusso) spesso divise tra loro ma ora stranamente unite. Con toni che si fanno via via più aspri. Rino Di Meglio, coordinatore di Gilda, giudica «offensiva» l’inclusione di genitori e studenti nel comitato di valutazione dei professori e parla di «umiliazione» degli insegnanti. Da domani il “dialogo” - si fa per dire - si sposta in Aula. E sarà battaglia.