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Data: 13/05/2015
Testata giornalistica: Il Centro
Il lavoro sale sulla giostra dei dati. Le cifre di Inps ed Istat sono il frutto di diversi flussi statistici. Come interpretarle

ROMA Dopo i dati pubblicati dal ministero del Lavoro e quelli dell’Istat, l’Inps ha reso pubblici quelli dell’Osservatorio sul precariato per il trimestre gennaio-marzo 2015. Come prima cosa, occorre ricordare che i dati Inps riguardano solo il lavoro subordinato, quindi non comprendono le tipologie contrattuali “atipiche”: collaboratori, intermittenti e neppure il “pubblico impiego gestione ex Inpdap, lavoratori domestici e operai agricoli”. Secondo i dati Inps il numero di nuovi posti di lavoro a tempo indeterminato tra gennaio e marzo 2015 è 54.110, cioè il saldo tra le 470.785 attivazioni di nuovi rapporti e le 416.675 cessazioni. Alle nuove assunzioni non bisogna aggiungere il numero di trasformazioni di contratti in quanto queste ultime rappresentano rapporti di lavoro già in essere. Ignorando questo aspetto, infatti, il saldo tra attivazioni e cessazioni risulterebbe pari a 203.151. Se il dato di gennaio e febbraio esprime un saldo di 45.703, ciò vuol dire che a marzo il numero di posti di lavoro in più è di 8.407, differenza tra il saldo di gennaio e febbraio e quello di marzo (54.110). A trainare l’incremento trimestrale dei posti di lavoro è stato lo sgravio contributivo alle imprese dato che l’84% dei nuovi contratti sono stati stipulati tra gennaio e febbraio quando era ancora vigente il vecchio statuto dei lavoratori. Perché allora gli ultimi dati Istat mostrano un calo dell’occupazione e un aumento della disoccupazione? A differenza dei dati amministrativi forniti dall’Inps e dal ministero del Lavoro, i numeri dell’Istituto nazionale di statistica dicono quanti occupati e disoccupati ci sono in Italia in un dato momento (ad esempio marzo 2015) tenendo conto di tutte le tipologie contrattuali. Quelli forniti da Inps e ministero, invece, sono dei dati di flusso. Registrano, cioè, quanti soggetti entrano ed escono da un rapporto contrattuale tra l’inizio e la fine di un determinato periodo di tempo. Così come i dati dell’Istat sono campionari, quelli del ministero e dell’Inps sono parziali riguardo i settori di attività considerati, quindi nessuna delle tre banche dati è esaustiva. Quindi se da un lato nessun vero exploit arriva dal mercato del lavoro, dall’altro, la qualità del lavoro salariato in Italia sembra in continuo peggioramento. Come per gennaio e febbraio le retribuzioni contrattuali dei neo assunti diminuiscono rispetto ai neo assunti del primo trimestre 2014, soprattutto nel caso di trasformazioni di contratti a tempo determinato in indeterminato (60 euro mensili in meno), come registra l’Inps. Bisognerà attendere i dati definitivi per valutare se queste esigue variazioni positive dei contratti valgono anche per la miriade di quelli atipici, cioè se si sta parlando di un aumento dell’occupazione e non già della sostituzione di contratti atipici con contratti a tutele crescenti, diversamente atipici anch’essi.

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